mercoledì 15 maggio 2013

Arte, le Scene di Caccia a Zagarolo di Antonio Tempesta

di Claudia Pellegrini

ARTE, LE SCENE DI CACCIA A ZAGAROLO DI ANTONIO TEMPESTA - I paesaggi con scene di caccia di una delle sale nobili del palazzo Rospigliosi Pallavicini di Zagarolo, sono un esempio di collaborazione italo-fiamminga del tardo manierismo. Le affinità iconografiche e stilistiche di queste pitture con il resto della produzione di Antonio Tempesta suggeriscono proprio il suo nome per queste realizzazioni; Tempesta infatti prima a Firenze, e poi a Roma, fu un intermediario tra la scuola italiana e quella fiamminga. Gli affreschi rientrano in un periodo culturale molto fervido, sono databili tra il 1571 ed il 1610, ed attraversano cronologicamente l’età di Gregorio XIII, Sisto V e Clemente VIII.
Il palazzo di Zagarolo, con la sua forma a ferro di cavallo, domina l’abitato del paese, ed ha una storia architettonica piuttosto lunga e complessa, quasi impossibile da ricostruire dalle poche fonti in possesso. Secondo ciò che sappiamo, Zagarolo occuperebbe il sito di Gabi, un’antica colonia degli Albani; in quest’area sorgeva un feudo annesso al principato di Palestrina, di proprietà della famiglia Colonna, spesso teatro di aspri scontri tra questa famiglia ed il papato. Il territorio divenne un ducato durante il papato di Pio V, più precisamente nel 1569, in favore di Pompeo Colonna, il quale si era meritato il titolo combattendo per la difesa dell’isola di Malta nell’assedio contro i Turchi e nella Battaglia di Lepanto del 1571 (episodi peraltro affrescati in una sala del palazzo). La struttura architettonica originale incluse anche i resti di una roccaforte di origine medievale, e divenne il cuore del ducato.
Il Cardinale Marcantonio Colonna, fratello di Pompeo, e Bibliotecario Apostolico, svolse un ruolo importante nella progettazione delle decorazioni per il palazzo, si rivolse infatti agli artisti attivi negli ambienti vaticani nonché ad amici eruditi per l’iconografia delle figure. Le allegorie degli affreschi celebrano le virtù cristiane della famiglia, ed hanno una funzione prettamente encomiastica; non mancano gli stemmi del casato, segnali visibili di potenza.
La scelta del tema della caccia, che riscuoteva un certo successo nell’ambiente artistico di quegli anni, non era certo casuale per i Colonna, il cui feudo sorgeva in un territorio fatto di colline e boschi, quindi ideale per la caccia a capre, cinghiali, lepri ed uccelli. La decorazione si sviluppa in forma di fregio a riquadri, che alternano scene di caccia ad allegorie ed emblemi. Vi sono raffigurate la caccia al cinghiale, all’orso ed al cervo. I riquadri paesaggistici sono molto suggestive, in cui si notano alture, chiese, casette, guglie, rovine classiche, dal gusto tipicamente nordico. Le scene di caccia sono concentrate in primo piano, e la figura del cacciatore è sempre più o meno uguale, con il copricapo ed il costume caratteristico dell’epoca; appare solitamente a cavallo accompagnato da servitori a piedi. Queste caccie seguono la tipica iconografia presenti nelle incisioni contemporanee dedicate da Tempesta allo stesso tema, simili sono anche gli sfondi paesaggistici, nonché le tipiche immagini architettoniche nord europee dei fratelli Bril, con i quali sappiamo che Tempesta collaborò in Vaticano.
Il primo contatto con l’arte nordica era avvenuto per il pittore a Firenze; infatti sappiamo che compì il suo apprendistato giovanile presso Jan van de Straet, detto anche Giovanni Stradano, originario di Anversa, il quale si era occupato a Palazzo Vecchio, intorno al 1570, dei disegni con scene di caccia da realizzare su arazzi. Per questo motivo, una volta trasferitosi a Roma nel 1570 circa, si trovò a suo agio tra i paesaggisti attivi nella decorazione di ville extraurbane e cantieri papali, al fianco degli artisti fiamminghi, in particolare i fratelli Bril.
Per quanto riguarda le scene di caccia di Zagarolo, il Tempesta si concentrò esclusivamente su queste, lasciando il resto ad altri, e occupandosi inoltre della direzione dei lavori. Da questo momento in poi il paesaggio, non più solamente uno sfondo, cominciò ad acquistare una dimensione sempre più autonoma che si consoliderà nel corso del 600.
Non sono casuali le scelte da parte de Colonna del tema della caccia, che ben si adattava al territorio del suo ducato, né la scelta dell’artista, uno dei massimi esperti in materia, del quale il già citato Cardinale Marcantonio doveva conoscere bene la fama e l’esperienza, dato che la sua bottega era molto affermata nel mercato artistico e riceveva commissioni da personaggi illustri appassionati di caccia.

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