lunedì 13 maggio 2013

Arte, Le "Stregonerie" di Salvator Rosa

di Claudia Pellegrini

ARTE, LE STREGONERIE DI SALVATOR ROSA - La magia e la stregoneria hanno una tradizione che risale alle origini dell’uomo, di conseguenza, da sempre hanno trovato spazio tra le arti visive. Mentre in età medievale era frequente la rappresentazione delle attività legate al mondo dell’occulto, in epoca moderna la stregoneria venne soprattutto rappresentata nell’iconografia nordica, in genere fiamminga e tedesca. In Italia l’immagine della strega era accomunata con quella della maga, la Circe di derivazione classica, colei che affrontava la magia con sguardo sereno e positivo, ma ben presto, grazie alle influenze della pittura fiamminga in Italia, questa Circe si trasforma nella strega di Salvator Rosa. Le sue opere sono state definite “fantasmagoriche”, create per stimolare l’immaginazione, ed è certo che è stato l’ambiente fiorentino, che aveva frequentato per diversi anni, ad aver stimolato l’interesse del pittore per la tematica magica. Nel 600 infatti Firenze era ricca di Accademie, luoghi in cui si riunivano i più grandi intelletti dell’epoca, anche il Rosa, aderendo a questa tradizione, aveva fondato un’accademia presso la sua abitazione, nominandola Accademia dei Percossi.
Tuttavia, in ambito figurativo, l’interesse del pittore per le macabre scene di streghe ha inizio in maniera indiretta, e va ricondotto a le Tentazioni di S. Antonio, un dipinto per il principe Giancarlo de’ Medici, prodotto intorno al 1640. Questo soggetto era particolarmente amato dagli artisti nordici che si deliziavano a infliggere al santo ogni sorta di allucinazione sessuale, zoologica o sadica. Rosa invece si contiene nel descrivere l’assedio delle potenze diaboliche e mostra il santo assalito da una figura mostruosa accompagnata da qualche piccolo demone. Rappresentare le Tentazioni di S. Antonio era un modo per raffigurare demoni ed apparizioni sovrannaturali senza rischiare di incorrere nel rischio di sospetto da parte dell’Inquisizione, dal momento che si restava nell’ambito dell’iconografia sacra. Il passo dalle Tentazioni alle Stregonerie è stato breve.
Dall’inizio del 500 le streghe cominciarono ad essere le protagoniste di certe stampe provenienti dal Nord Europa, molto diffuse tra intellettuali e collezionisti. Nonostante la posizione ferrea della Chiesa, questi soggetti pian piano si insinuarono nel panorama artistico italiano, rimanendo però una pittura di genere, quindi ai margini. Dal punto di vista letterario, invece, le streghe, ed in particolare i loro incantesimi, avevano una lunga tradizione di testi molto diffusi, anche se banditi dalla chiesa.
Una delle prime opere del Rosa a soggetto magico fu Scena di Stregoneria, per il Marchese Bartolomeo Corsini, in cui un gruppo di donne seminude si agita estaticamente mentre brandiscono torce infuocate attorno ad un cerchio magico realizzato con ossa, monete, corde e cadaveri di animali; una di queste cattura la scena in uno specchio. L’atmosfera della tela si allontana dalla classica iconografia italiana e si avvicina a quella fiamminga, infatti l’aspetto e la gestualità delle streghe è simile a ciò che mostravano le stampe già citate.
Successivamente abbiamo i Tondi con Stregonerie, una serie di quattro tondi il cui committente fu probabilmente Francesco Piccolini, ministro del Gran Duca di Toscana. Il primo raffigura un gruppo di streghe che sacrifica dei coccodrilli, una di esse domina la scena a cavallo di una gigante civetta; gli animali notturni con occhi ipnotici quali gatti, serpenti o civette, erano considerati magici e spesso alter ego di figure demoniache. Nel secondo tondo Rosa abbandona momentaneamente l’iconografia nordica per tornare alla tipologia di strega italiana, infatti la rappresenta giovane e bella, in sintonia con il paesaggio macabro che la circonda, mentre si presta al gioco di mostruose creature. Il terzo raffigura una strega seduta vicino ad un calderone intenta al suo lavoro, operando con delle statuine di cera; lo scheletro di un grosso animale si arrampica su una linea immaginaria tenendo in mano una “A” ed una clessidra, probabilmente ad indicare il principio e la fine dello scorrere del tempo. Infine, il quarto tondo, mostra un mago che tende una bacchetta verso mostruose apparizioni; nella parte sinistra del dipinto si intravedono dei viaggiatori a cavallo.
Una ulteriore Scena di Stregoneria è stata eseguita da Rosa per uno dei suoi amici romani, Carlo De Rossi, banchiere, collezionista e commerciante di quadri; si dice che il De Rossi nascondeva questa scena di incantesimi sotto una cortina, non tanto per accrescere il misticismo del dipinto, ma soprattutto per tenerlo lontano dagli occhi di qualche visita ecclesiastica che avrebbe potuto sollevare scandalo. Va precisato che scene di questo genere, nonostante la presenza dell’Inquisizione, fossero maggiormente tollerate a Firenze, mentre a Roma si sarebbe rischiato un processo realizzando o mettendo in vendita opere dalle tematiche inopportune. Ritornando al quadro, esso ritrae una robusta strega sulla sinistra che indica il centro dell’attività ad una giovane bendata, un’iniziata. Di fronte alla coppia un uomo anziano sostiene uno scheletro, disteso nella cassa, dietro di lui una figura velata. Noncurante di tutto ciò che accade una fanciulla nuda guarda in uno specchio nel quale è riflessa l’immagine del manichino di cera che ha in mano. Una vecchia schiaccia viscere in un mortaio, utilizzando un osso come pestello. Al centro della composizione campeggia il tronco di un albero secco al quale è appeso il corpo di un impiccato. Vicino l’albero c’è un soldato che incendia un coniglio posto al centro di un cerchio magico. Sullo sfondo, infine incombe lo scheletro di un gigantesco volatile che indica con il becco una strega che sta per gettare un neonato nelle fauci di un mostro dalla forma strana. I rituali dipinti in questa tela sembrano corrispondere a precisi riti negromantici effettuati per invocare le anime dei defunti e descritti da Cornelio Agrippa nel De Occulta Philosophia, uno dei trattati più diffusi ed utilizzati nel mondo magico-filosofico-scientifico seicentesco. Inoltre, cadaveri o parti di essi potevano essere utilizzati anche per compiere malefici, come si può leggere sul Compendium Maleficarum di Francesco Maria Guazzo.
Le streghe di Salvator Rosa, inserite nell’attualità, e, nello stesso tempo, legate ad una realtà molto antica, suscitarono presto curiosità e sorpresa, come si evince dal numero di copie esistenti. Si può dire che rappresentano un frammento del mondo di quell’arte magica che, necessità dell’uomo fin dalle origini, trova ampio spazio e possibilità di espressione fino all’età contemporanea.

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