martedì 7 maggio 2013

Arte, visita alla Galleria Borghese: le meraviglie del Bernini e di Caravaggio

 di Michela Gabrielli

 
ARTE, VISITA GALLERIA BORGHESE BERNINI CARAVAGGIO - Attraversando il primo piano, il più interessante e ricco, della Galleria Borghese di Roma,ci si imbatte in opere di innumerevoli artisti tra cui, abbozzandone anche solo un elenco, troviamo il  Tondo di Porfido su base con testa delle quattro stagioni  in bronzo, di Luigi Vaadier, datato  1773, la Fuga in Egitto  del Cavalier D’Arpino, olio su tela, dopo il 1595, di Federico Zuccari il Cristo morto tra angeli  del 1567 ca, sempre olio su tela.  E ugualmente del Cavalier D’Arpino il S. Giovanni Battista, 1602-1607 ca. Una bellissima Crocifissione  di Guglielmo della Porta  (1515-1520), cera su lavagna, ebano e pietre dure.  Una Maga Circe di Dosso Dossi  (1520 ca ) olio su tela, ed un certo non paragonabile alla scultura del Bernini, ma altrettanto intensa come pittura, questa volta, un Apollo e Dafne sempre di Dosso Dossi  del 1522 , olio su tela.  Tra le sculture altrettanto intense ed avvincenti troviamo il Busto di Papa Clemente XII Corsini (1730-1740), in marmo di Pietro Bracci, possente ed esaltante . Ed un altrettanto stupefacente Incredulità di San Tommaso del Verrocchio in bronzo tra il 1466-1483. Che toglie il fiato per la veridicità e la compostezza delle forme.

Ma davvero particolari sono le opere del Bernini e del Caravaggio che lasciano il segno e ci comunicano tutto ciò che possono e vogliono dire con la loro arte i due interpreti di queste due correnti. L’Apollo e Dafne del Bernini , eseguito per Scipione Borghese dal 1622-23 , per procedere all’esecuzione del David, fu ripreso e completato tra il ’24 e il ’25.  Il gruppo rappresenta nella sinteticità della forma statuaria l’intera articolazione narrativa, evocando tutte le qualità espressive e dinamiche della poesia e della sua rappresentazione drammatica: il moto, la fuga, l’inseguimento, il grido. Ancora più estrema, rispetto al Ratto di Proserpina, è qui la capacità di superamento  delle difficoltà tecniche e statiche della scultura ricercando la violazione della legge di natura come una condizione di eccellenza artistica. Anche in quest’opera si cela l’allegoria con il dio della bellezza Apollo che trasforma il desiderio nell’alloro simbolico della poesia. E la sua partecipazione moralizzante all’esecuzione dell’Apollo e Dafne è uno degli episodi più rilevanti  della protezione  di Maffeo Barberini  esercitata nei confronti del giovane Bernini.

Ma la trasformazione stilistica da parte dello scultore , derivazioni di forme dell’antichità, avviene nella sconvolgente trasfigurazione della propria immaginazione ed invenzione artistica in verità vivente, inseguendo la mobilità propria della natura reale, tanto quella materiale che quella umana e quest’ultima non solo nella sua fisicità dinamica, ma spingendosi fin dentro  la psicologia ed i sentimenti, tratti sempre sfuggiti alle capacità scultoree. Per Scipione Borghese Bernini esegue il David tra il ’23 e il ’24. David è un tema caro anche al pontefice Urbano VIII, già trattato come eroismo di ideale cristiano, diveniva ora, con maggiore vigore universalistico, ispirazione della sua opera pastorale. Per Scipione il David poteva rappresentare lo sdegno contro la momentanea sfortuna conosciuta sotto il papato Ludovisi, e la romanzesca rivalsa personale contro i propri nemici di nuovo indeboliti. Per Bernini, che riproduce in David le proprie fattezze, la rappresentazione eroica del proprio atto artistico significa un passo ancora più estremo contro l’identificazione con Michelangelo, suo modello artistico.

Nel 1621 muore Paolo V e diviene papa Gregorio XV Ludovisi; Bernini ne esegue il ritratto e viene compensato con la croce di “Cavaliere di Cristo”. Nello stesso anno è eletto Principe dell’Accademia di San Luca ed inizia l’esecuzione del Ratto di Proserpina ,esposta qui nella Galleria Borghese. Ma opere pittoriche di sicuro interesse e di non inferiore valore sono quelle del Caravaggio, qui rappresentate, di una poesia e di un incanto non indifferenti . Si inizia con il Ragazzo con canestro di frutta del 1593-1594, olio su tela. La tela , confluita nella collezione del cardinale Scipione Borghese, è considerata opera giovanile di Caravaggio.In questo dipinto compaiono in nuce alcuni tratti peculiari dello stile dell’artista in seguito sviluppati nel corso della produzione successiva: la sorgente di luce proviene da sinistra, da una fonte fuori campo, e illumina il lato destro del giovane, in modo che le zone contrastanti di luce e d’ombra conferiscono al soggetto un particolare effetto di verità, la visione reale di un giovane che vende frutta nei mercati rionali. La cesta di frutta è la prima natura morta dipinta da Caravaggio ; le labbra socchiuse e un appeal decisamente sensuale, la sua ombra si proietta sul fondo di una parete vuota e la scena è tutta risolta in primo piano.

Forse per la prima volta siamo di fronte a quella dialettica all’uso della luce cui Caravaggio rimane legato tutta la vita: non è più quella “universale” priva di una direzione precisa, al contrario, la fronte di luce solare proviene da una sorgente ben precisa attraverso il contrasto con le zone d’ombra mette in risalto gli oggetti rendendoli quasi tangibili. C’è poi S. Girolamo  del 1605-1606, olio su tela, dove il Santo compare negli inventari Borghese fin dal 1693. È stato ipotizzato che Caravaggio ne avesse fatto dono al cardinale . Il dipinto viene attribuito all’ultimo periodo romano. Il Santo con sembianze di un uomo in età avanzata, con l’aureola rappresentato mentre lavora alla traduzione in latino della Bibbia: mentre con la mano sinistra tiene davanti a se il testo sacro, impugna la penna pronta a scrivere. Lo scrittoio reca gli elementi e il disordine tipici dello studioso: sul libro aperto è poggiato un teschio. L’altra lettura critica mette l’accento sul manto purpureo che avvolge il santo come una veste cardinalizia: questo particolare è stato interpretato in funzione antiluterana, poiché San Girolamo aveva definito S. Pietro il primo vescovo di Roma.


La gamma cromatica del dipinto è impostata sui toni bianchi e quelli bruni. Segue La Madonna dei Palafrenieri  del 1605-1606, olio su tela. Il 31 ottobre 1605 Caravaggio viene contattato dalla Reverenda Fabbrica di S. Pietro per un prestigioso incarico: un dipinto per l’altare della Compagnia dei Palafrenieri in S. Pietro in Vaticano, che, in seguito allo spostamento della navata al transetto destro della basilica, necessitava di una nuova Pala. Tuttavia, una volta consegnata, la tela rimane esposta nella Basilica solo una settimana, data in cui viene rimossa e collocata nella vicina chiesa di Sant’Anna dei Palafrenieri. Poco tempo dopo il Cardinale Scipione Borghese acquista la tela dalla Confraternita dei Palafrenieri.-La Vergine schiaccia col piede nudo la testa del serpente , aiutata dal bambino che, essendo ancora troppo piccolo per reggersi da solo, sovrappone il suo piede a quello della Madre sopra il serpente. In linea con il dogma cattolico, era la rappresentazione della sconfitta del peccato a opera della Vergine simbolo della Chiesa Cattolica.

Qui era aperto ed evidente il conflitto con il Luteranesimo, attribuendo al solo Gesù il ruolo salvifico, l’azione si svolge sotto lo sguardo di S. Anna che, un po’ distaccata, osserva meditabonda e sorpresa. Si prosegue con Davide e la testa di Golia del 1609, olio su tela. Questo dipinto , dalle forte implicazioni personali, fu eseguito da Caravaggio per il Cardinale Scipione Borghese, forse come appello per ottenere il perdono per la revoca della condanna a morte seguita all’uccisione di Ranuccio Tomassoni.  Il Davide viene datato dalla maggior parte dei critici al secondo soggiorno napoletano. Il Davide con la testa mozzata corrisponde a un  modello  iconografico più comune nell’ambito lombardo che in quello romano; il gesto del braccio alzato che tiene sospesa la testa di Golia potrebbe essere ispirato da statue classiche. Le lettere maiuscole visibili lungo lo sguscio della spada sono state interpretate come MACO,  acrostico di Michaeli Angeli Caravaggio Opus. Il David- Cristo invece volge uno sguardo compassionevole verso colui che si dichiara peccatore: se davvero il dipinto era destinato al pontefice, non è fuori luogo pensare che contenesse un’invocazione al perdono.

Si va terminando con il S. Giovanni Battista, del 1609-1610, olio su tela.  Questa è una delle opere che  Caravaggio portò con sé durante il viaggio via mare che doveva riportarlo finalmente a Roma. Allo sbarco a Palo, Michelangelo Merrisi fu fermato  per accertamenti  e la nave ripartì con i suoi dipinti a bordo.  Egli la inseguì inutilmente, trovando la morte a Porto Ercole. I quadri rientrarono a Napoli, dove scoppiò una disputa  sulla loro proprietà. Scipione Borghese riuscì ad assicurarsi il San Giovanni Battista. La tela è datata al secondo periodo napoletano.  Il San Giovanni  volge allo spettatore lo sguardo malinconico, mollemente adagiato sul drappo scarlatto , mentre l’ariete è visto di spalle. Per quanto riguarda l’interpretazione Calvesi sottolinea il significato dell’ariete che sostituisce l’agnello come simbolo della croce, mentre le foglie di vite indicherebbero la vita eterna. Secondo una diversa lettura l’ariete si nutre della vite, simbolo del sacrificio di Cristo.  Queste sono certamente le opere più caratteristiche della galleria Borghese e il Bernini, con le sue tre sculture più belle ed il Caravaggio con le sue pitture più incisive, si avvicendano per le sale da veri e propri protagonisti, rispetto a tanti altri artisti di queste epoche e di altre che si susseguono nella sfarzosa ed affascinante Galleria romana.

 

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