domenica 19 maggio 2013

Arte, Sandrart: Teutsche Academie e Pittura di Paesaggio

di Claudia Pellegrini

ARTE, SANDRART: TEUTSCHE ACADEMIE E PITTURA DI PAESAGGIO - La produzione pittorica di Sandrart è stata spesso ingiustamente trascurata, eppure il suo tributo nell’ambito della pittura di paesaggio non può essere ignorato, soprattutto se inserito in quel contesto artistico così fervido degli anni 30 del 1600. Cruciale fu la sua esperienza a Roma tra gli anni 1629 e 1635, periodo in cui la pittura di paesaggio si impose sul mercato con dirompenti novità e grande realismo, soprattutto grazie al diffondersi della tecnica en plein air.
Il pensiero di Sandrart in merito al paesaggio è espresso chiaramente nelle sua Teutsche Academie, pubblicata a Norimberga tra il 1675 e il 1679, e mostra la sua speciale sensibilità per l’osservazione della natura, inoltre, grazie alla presenza nell’opera di documenti figurativi, anche quanto egli fosse partecipe di questa atmosfera espressiva. Pur rimanendo legato alla gerarchia dei generi, il pittore dedica ampio spazio alla pittura di paesaggio in più passi del suo testo; un intero capitolo è dedicato a quest’arte, ma anche diverse biografie di esponenti del genere.
Al di là delle impressioni personali, spesso prende in considerazione altre fonti; nel caso della pittura di paesaggio, ad esempio, il riferimento è lo Schilderboek di Karel van Mander (poeta e storico fiammingo). Da questo poema didascalico viene ripresa l’esortazione ai giovani pittori di uscire dall’abitato, di buon mattino, recarsi in campagna ed osservare la natura, con tanto di descrizione mitologico-allegorica del sorgere del giorno, rappresentato dal carro dell’Aurora, e dall’avvicendarsi delle divinità del sole e della terra. A questo cappello retorico segue una serie di suggerimenti, volti a proporre un modello di paesaggio secondo criteri di armonia e decoro: lo sfondo deve essere steso con tinte chiare in modo che riverberino nella luce, è opportuno inserire delle costruzioni ma non in numero eccessivo, l’immagine risulta più piacevole se è inserita in particolari condizioni climatiche, come ad esempio durante un temporale o nelle stagioni in cui le foglie degli alberi ingialliscono … Il testo prosegue con richiami a quei pittori che, a suo parere, si sono distinti nel genere, come Tiziano o Breughel.
Sandrart attribuisce quindi al paesaggio una valenza decorativa, una funzione di sfondo e di scenario più che una rispondenza poetica e di evocazione storica o letteraria; inoltre è evidente che la sua, più che una posizione teorica è piuttosto una serie di utili consigli pratici, in linea con l’intento pedagogico del volume. Già in questo contesto il tedesco cita Claude Lorrain, e fornisce preziose informazioni sulla sua pratica pittorica; inoltre, è il primo a menzionare l’innovativa tecnica di dipingere a olio, su tela o su carta preparata, direttamente dal naturale, a suo giudizio preferibile rispetto all’uso più consueto dello schizzo monocromo a carboncino. È proprio lo stesso Sandrart ad affermare di essere stato lui a suggerire a Lorrain tale pratica, aprendogli le porte del successo; ed in effetti potrebbe essere stato davvero così, poiché il tedesco si trovava a Roma proprio quando, alla metà degli anni 30, crebbe vertiginosamente il successo del pittore francese, anche se non può essere provato che non sia accaduto esattamente il contrario.
Sandrart inoltre menziona anche un altro importante realizzatore di paesaggi, l’olandese Hermann van Swanevelt, del quale narra che non disegnava mai nelle accademie, ma preferiva esercitarsi nelle riproduzioni del corpo umano riproducendo modelli viventi poiché, secondo il suo parere, era necessario molto più lavoro per una piccola figura umana piuttosto che per l’intero paesaggio.Importante è anche la biografia dedicata ad Adam Elsheimer, considerato il suo maestro ideale; la qualità che ammira di più nei suoi paesaggi è la delicatezza poetica, l’atmosfera sognante, e le fonti di illuminazione che rappresentano in maniera realistica e naturale i fenomeni celesti.
Sono molti i disegni di paesaggio attribuiti a Sandrart, tutti riconducibili al periodo romano, caratterizzati da netti contrasti di luce, tutti mostrano il fascino che dovette subire il tedesco davanti ai sereni cieli romani incendiati dal sole, nonché dalla presenza in ogni dove delle antiche vestigia romane. Sappiamo che, appena giunto nella città dei papi, fu subito catturato nell’orbita di Lorrain, con il quale non solo aveva coabitato per un periodo, ma si recava a disegnare nella Villa Giustiniani al Popolo. Ad attrarlo maggiormente furono le rovine, di cui eseguì diversi disegni, questo tipo di paesaggio evocativo era un ottimo sfondo, tanto da essere molto popolare tra i paesaggisti.
Un caso di particolare interesse è il Campo Vaccino, di cui si hanno due incisioni, considerato la base di partenza di un quadro del già citato Lorrain. Era un soggetto particolarmente apprezzato, tanto da essere presente anche in un dipinto di AgostinoTassi, primo maestro di Lorrain a Roma.
Altro topos del paesaggio degli anni 30 è il Vesuvio in eruzione; il soggetto, carico di valenze umanistiche e rievocazioni pliniane, era particolarmente attuale perché proprio nel dicembre 1631 si era verificata una spettacolare eruzione. Sandrart afferma di averlo disegnato nel corso del suo viaggio nell’Italia del Sud, mentre ripercorreva le tappe caravaggesche: Napoli, Messina, Malta.
Importante è anche la rappresentazione degli alberi, i quali sono considerati i muscoli del paesaggio; secondo ciò che scrive, le chiome devono sembrare attraversate dall’aria e dalla luce, ondeggianti al vento, e non devono essere troppo tonde, né troppo piatte, né troppo aguzze.
Finito il periodo romano Sandrart, nelle ambientazioni di quadri quali l’Educazione di Giove, la Sacra Famiglia, o Nozze Mistiche di Santa Caterina, non dimenticherà di continuare gli studi sul paesaggio, infatti sono diversi i fogli con schizzi, attribuiti al tedesco, in cui sono rappresentati alberi e boschi, ma c’è anche un interessante disegno a sanguigna del 1651, in cui è rappresentata la Tomba di Cecilia Metella con due figurette in primo piano, una delle quali seduta con un libro aperto, e l’altra in piedi con un bastone.

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