venerdì 3 maggio 2013

Arte, L'arte della fusione in bronzo ed il Perseo

di Claudia Pellegrini


ARTE, FUSIONE IN BRONZO E PERSEO - L’arte della fusione in bronzo aveva raggiunto in età classica un alto livello di progresso, ma sfortunatamente era decaduta in età medioevale; nel corso del 400 e del 500 era tornata a rifiorire, raggiungendo livelli di produzione paragonabili ai migliori artisti del Classicismo. Tuttavia, la ripresa di alcune tecniche di fonderia nell’età di Donatello o Verrocchio, non si possono giustificare solo con il recupero e la lettura dei testi classici, ma piuttosto con l’esame diretto, probabilmente in occasione di restauri di reperti antichi. Di questi reperti si studiavano soprattutto le parti interne, fonti inesauribili di informazioni sulle tecniche di esecuzione.
Il 500 è dominato da due grandi figure di “metallurgici”: l’italiano Vannoccio Biringuccio ed il sassone Georgius Agricola, i quali scrissero rispettivamente il De la Pirotechnia e il De Re Metallica.
Biringuccio aveva osservato direttamente la natura dei fenomeni, ed aveva operato e sperimentato in prima persona ciò che in seguito scrisse. Nel suo trattato riferisce le regole generali della ricerca dei minerali, descrive le principali miniere, i metodi di fusione dei metalli ed i sistemi per separarli, la preparazione delle leghe; fornisce inoltre dettagli sulla fusione in bronzo delle campane e di pezzi di artiglieria, nonché i vari tipi di forni fusori. Oltre ad essere un esperto teorico era anche un abile fonditore.
Agricola invece era un colto ed erudito scrittore di arte mineraria e metallurgica; il suo trattato, scritto in latino e impreziosito da circa trecento illustrazioni, è ancora oggi considerato uno dei testi fondamentali per la metallurgia. La sua opera, ricca di informazioni sull’arte mineraria, riporta anche alcune importanti innovazioni del tempo nella siderurgia, mentre è appena accennata l’arte fusoria.
Dopo circa vent’anni dalla pubblicazione del trattato di Biringuccio, Benvenuto Cellini, orafo e scultore fiorentino, dedicò alcuni capitoli del suo trattato Della Scultura, del 1568, ed alcuni passi della sua autobiografia, al metodo della fusione a cera persa per la statuaria, e in particolare per la sua opera più famosa: il Perseo. Fu realizzato tra il 1545 e il 1554. La fase preparatoria è testimoniata da due modelli, uno in cera, che si può ammirare al Museo Nazionale del Bargello di Firenze, l’altro in bronzo dorato, conservato sempre nello stesso luogo, che rappresentarono guide molto utili per il lavoro dell’artista, oltre a servire per l’approvazione del duca Cosimo I, il committente.
Cellini riferisce passo per passo come è nata materialmente la scultura, a partire dal primo passo: il modellamento della cosiddetta “anima”, che altro non sarebbe che un abbozzo di figura di dimensioni ridotte, ottenuta con una miscela di creta mista a diversi materiali. L’interno dell’anima può essere rinforzato con un’intelaiatura di metallo. Successivamente il tutto viene essiccato e cotto prima di essere rivestito di cera. Inoltre all’anima vengono applicati dei canali di scolatura per permettere la fuoriuscita della cera fusa. Una volta raffreddata la cera la scultura viene rivestita da un altro materiale simile a quello che costituiva l’anima, detto “tonaca”, rinforzato con filo di ferro. La forma ottenuta viene deposta infine in una fossa riempita con terra compressa, dopodiché si procede con la colatura del metallo e la rifinitura dell’opera.
Il Perseo, collocato nella Loggia dei Lanzi in Piazza della Signoria, è un trionfo di preziosità, eleganza e ricercatezza formale, una rilettura di tutta la tradizione fiorentina, da Michelangelo a Donatello. Il meraviglioso Perseo trionfante, tiene per i capelli la testa recisa di Medusa, e con l’altra mano una spada, ed in piedi maestoso guarda lo spettatore dall’alto in basso, quasi fosse un monito per tutti. Risulta evidente lo sforzo di Cellini a livello programmatico e dimostrativo, soprattutto per quanto riguarda le figurette sul basamento ed i festoni, espressioni dell’istinto manieristico dell’artista. Da ciò che ci ha tramandato il Cellini, pare che il Perseo abbia impiegato cinque anni prima di poter essere completato, l’artista infatti ammette di aver dovuto far fronte ad alcuni inconvenienti, soprattutto durante la colatura del bronzo.
Una curiosità sul Perseo: in una parte della statua si nasconde il ritratto dell’autore. Dove? Basta semplicemente puntare gli occhi sulla nuca di Perseo, ovviamente entrando nella loggia, arrivare alle spalle della statua, guardare in alto ed ammirare il volto di Cellini. Ovviamente senza l’ausilio del sole è difficilmente visibile poiché è posto in una zona d’ombra.

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