venerdì 21 giugno 2013

Arte, Giacomo Manzù e la Porta della Morte

di Claudia Pellegrini

ARTE, GIACOMO MANZU E LA PORTA DELLA MORTE - Giacomo Manzù (pseudonimo di Manzoni), è uno dei più grandi scultori contemporanei. Formatosi nelle botteghe degli artigiani, imparò presto a lavorare diversi materiali, quali legno, pietra e argilla. Durante il servizio militare a Verona, ebbe modo di continuare a coltivare la passione per l’arte, avendo modo di studiare personalmente le porte di San Zeno ed i calchi dell’Accademia Cicognini.
Dopo un breve soggiorno a Parigi, nel 1929, si stabilì a Milano, dove contribuì, insieme ad altri, a sviluppare i germi della ribellione anti novecentista che sfocerà, pochi anni dopo, nel movimento di Corrente. Proprio a Milano realizzò le prime opere in bronzo, ma si dedicò anche al disegno, all’incisione, all’illustrazione ed alla pittura.
L’attività iniziale risentì molto del primitivismo, allora molto diffuso, successivamente, con un secondo viaggio a Parigi, giunse ad una svolta: abbandonò gli schemi arcaicizzanti per conquistare gradualmente l’originale sensibilità luministica, la morbidezza plastica e la delicata sensualità che diventeranno i capisaldi del suo stile.
Diventato ormai una delle personalità più significative della scultura italiana, tra il 1938 ed il 1939, iniziò la serie dei Cardinali, ieratiche immagini in bronzo dalla struttura molto schematica e piramidale, avvolte nella massa semplice e potente della stola, rappresentate assorte nella meditazione. Inoltre produsse anche un ciclo di bassorilievi in bronzo con le Deposizioni e le Crocifissioni, nate dall’impatto della reazione alla violenza della guerra.
Nel 1941 ottenne la cattedra di scultura all’Accademia di Brera di Milano. L’alta religiosità laica di Manzù culminò poeticamente nella Porta della Morte per San Pietro, a cui lavorò dal 1954 al 1964, che merita qualche cenno più in particolare. Le porte bronzee delle chiese cristiane costituirono da sempre un capitolo importante della scultura. Nel Medioevo furono create da grandi artisti a Montecassino, Verona, Pisa, Trani, Benevento. Nel Quattrocento la consuetudine continuò su larga scala, culminando in quella che Michelangelo definì “l’accesso al Paradiso”, ovvero la Porta d’oro di Lorenzo Ghiberti per il Battistero. In epoca moderna diviene un vezzo di committenti ecclesiastici per guarnire edifici antichi con porte moderne. La Porta della Morte diventa un capolavoro moderno, nonostante i vari eventi e le polemiche che accompagnarono la sua gestazione: la curia romana infatti non riteneva adeguata alla circostanza la simpatia comunista dell’artista. Tuttavia, l’esito mirabile dell’opera fu proprio l’aver fuso lo spirito laico e la religiosità delle scene, rappresentate con umana semplicità.
Sul retro della porta, visibile quando è chiusa, è raffigurato l’episodio del principe del pontificato di Giovanni XXIII, l’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Nel lungo pannello con la solenne processione dei prelati, vi sono due figure particolarmente toccanti, il pontefice sulla destra e, a sinistra, un monsignore che esce di scena, visto di spalle. Quest’ultimo è don Giuseppe de Luca, nel frattempo morto, così come lo fu, a istallazione completata, lo stesso Giovanni XXIII. Don Giuseppe, consigliere iconografico del Manzù, si era molto impegnato poiché credeva che l’artista avrebbe donato alla Basilica di San Pietro un’opera degna dei geni che la avevano eretta e decorata. Manzù non lo deluse. Sempre nel retro della porta è raffigurato il cardinale africano Rugambwa: il fatto che fosse di colore testimoniava l’universalità del cattolicesimo. Il recto è diviso in due zone. Nella superiore sono raffigurate la Morte di Maria e la Morte di Cristo. Lo spazio inferiore è più ricco, infatti vi si trovano la morte di Abele e quella di Giuseppe, il protomartire lapidato Stefano, Gregorio VII. Inoltre vengono rappresentate per simboli le morti per violenza, le morti civili, nell’aria e sulla terra, oltre ad un’aggiunta postuma del decesso di Giovanni XXIII.
Appartengono agli stessi anni opere quali Passo di Danza, la Porta dell’Amore per il Duomo di Salisburgo e la Porta della Pace e della guerra per la chiesa di Saint Laurenz a Rotterdam. Nonostante l’apparente ruvidezza del carattere e la tendenza alla solitudine, non mancarono all’artista i più alti riconoscimenti, sia in Italia che sul piano internazionale. Nel 1977 venne inaugurato a Bergamo il grande Monumento al Partigiano, in cui Manzù riprende, di nuovo, il tema della morte.

1 commento:

  1. Dietro la porta, al posto delle grosse maniglie per aprirla e chiuderla, l'artista pose le forme bronzee di strofinacci, come a significare che il lavoro era ultimato, avendo lavato e asciugato le mani.

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