domenica 2 giugno 2013

Storia, E' Successo Oggi: 455 d. C. L'ennesimo "Sacco di Roma"

di Claudia Pellegrini

STORIA, E' SUCCESSO OGGI: 455 d.C. L'ENNESIMO "SACCO DI ROMA" - Era il 2 giugno, una placida mattina di fine primavera. I cittadini di Roma erano occupati nelle solite faccende quotidiane, sembrava un giorno come tanti altri; mai avrebbero potuto immaginare che dal Tevere diverse imbarcazioni con a bordo un ingente numero di Vandali risalivano la corrente, pronti a saccheggiare e distruggere la “città eterna”.
Di “sacchi” a Roma ce n’erano già stati due: nel 390 erano giunti i Galli, e nel 410 era stato il turno di Visigoti. Ora toccava ai Vandali. Ma chi erano questi personaggi il cui nome oggi è sinonimo di devastatori? Secondo ciò che dice Tacito, erano una popolazione di stirpe germanica che, come tante altre che confinavano con l’impero romano e non erano state assoggettate dallo stesso, tentavano l’assalto ai confini e lo sfondamento delle frontiere romane. Col passare dei secoli i Vandali erano giunti un po’ dappertutto, in Francia, in Spagna, persino fino alle zone comprendenti l’antica Cartagine, ed è proprio da lì che comincia la nostra storia.
Il “casus belli” di tutta la faccenda pare sia stato il seguente. Nel 455 l’imperatore romano d’Occidente, Valentiniano III fu assassinato in una congiura ordita da tale Petronio Massimo, il quale mirava a prenderne il posto. Vi riuscì e decise di sposare Eudossia, moglie dell’assassinato, minacciandola di morte qualora avesse rifiutato. A quanto sembra, la donna per sfuggire all’indesiderata unione, ma anche per vendicare l’omicidio del marito, contattò il re dei Vandali, Genserico, supplicandolo di accorrere in suo aiuto. Quest’ultimo, approfittando della situazione, salpò subito da Cartagine con una notevole flotta e si diresse alla volta di Roma. C’è da dire che anni prima, più precisamente nel 442, Genserico aveva stipulato con Roma un trattato di pace, ma date le circostanze, lo ritenne nullo, anche perché il momento era più che opportuno per saccheggiare Roma, l’impero attraversava un periodo di estrema debolezza.
Quando i Vandali giunsero a Roma, il papa, Leone I, implorò Genserico di non distruggere la città e non trucidare gli abitanti. Fortunatamente l’invasore decise di essere magnanimo ed entrò dalla Porta Portuense senza fare troppi danni. Vandalo si, ma gentiluomo! Nel frattempo Petronio Massimo, allarmato per l’arrivo di Vandali, era fuggito, ma sfortunatamente per lui, fu intercettato dalla popolazione romana che lo trucidò fuori dalle mura.
Dunque, almeno questo di “sacco” non fu distruttivo, ed i Vandali onorarono l’impegno preso con il papa di non fare i “vandali” almeno per una volta; tuttavia non se ne andarono certo a mani vuote, infatti razziarono oro, argento e tutto ciò che c’era di valore; spogliarono persino i templi da tutte le ricchezze, come ad esempio quello di Giove Capitolino che privarono di mezzo tetto bronzeo. Finita la razzia, caricato il bottino sulle navi, compresa la vedova del defunto Valentiniano III e le due figlie, così come erano arrivati se ne andarono, via Tevere.
Una curiosità sull’accaduto è la vicenda di alcune statue: furono prelevate da palazzi e templi e caricate tutte insieme in una delle navi che però non arrivò mai al porto di Cartagine, si perse nel mare. Poco importò a Genserico il quale tornava comunque a Cartagine con un bottino niente male.

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