sabato 1 giugno 2013

Arte, L'intervento del Giovane Leonardo al "Battesimo" del Verrocchio

di Claudia Pellegrini

ARTE, INTERVENTO DEL GIOVANE LEONARDO AL "BATTESIMO" DEL VERROCCHIO - Nel 1473 un giovane Leonardo, durante il suo apprendistato presso la bottega fiorentina di Andrea del Verrocchio, dipinge un particolare per una tavola del maestro. Quest’ultima, intitolata Battesimo di Cristo, dipinta per la chiesa di San Salvi a Firenze, è attribuita proprio al Verrocchio già dalle fonti Quattrocentesche. L’intervento di Leonardo, circospetto esclusivamente alla testa dell’angelo sulla sinistra, viene persino ricordato dall’Albertini nel 1510, e successivamente riproposto nelle Vite di Vasari. Di recente gli è stato attribuito anche il paesaggio che si vede sullo sfondo, e più in particolare la valle con il fiume, intervento provato da alcune sofisticate analisi tecniche. Secondo alcuni critici è possibile che sul dipinto siano intervenuti anche altri allievi del Verrocchio: Domenico di Michelino, Sandro Botticelli, Francesco Botticini.
In primo piano sulla destra è rappresentato San Giovanni Battista che solleva la mano destra che regge una ciotola, nell’atto di versarne il contenuto sulla testa di Cristo che, a mani giunte, sembra pregare. Ai piedi di entrambe le figure c’è un fiume, il Giordano. Sul lato opposto, leggermente arretrati, due angeli seduti assistono al battesimo. Sulla testa di Cristo appare una colomba, chiaro simbolo dello Spirito Santo; nel paesaggio circostante si vede una palma, che simboleggia l’ascesa e la vittoria, e delle rocce con il cielo in fase di tramonto.
Se si osserva la figura dell’angelo di Leonardo, salta subito all’occhio che possiede qualcosa che lo rende quasi vivo. Si tratta del dinamismo. Leonardo sceglie una costruzione su diverse direzioni di movimento, in modo da suggerire proprio il movimento di rotazione della testa. In base a questo modello è impostato il modellato in toni d’ombra, con i quali ricrea quel particolare effetto di morbidezza e di calore che suscita l’impressione di guardare un essere vivente.
È un effetto dato dalla tecnica dello sfumato, inventata dallo stesso Leonardo, che nell’ambiente artistico fiorentino aveva destato molta ammirazione. La testa dell’angelo è modellata con un delicato chiaroscuro, costruito con tratti di pennello sottili e trasparenti, sovrapposti in modo che abbiano più direzioni di movimento. In questo modo i contorni diventano indefiniti, l’incarnato luminoso e delicato e i capelli soffici e vaporosi. Sempre con lo sfumato, disteso con velature quasi trasparenti e calibrando bene i colori, Leonardo riesce ad ottenere una luce calda e dorata; la stessa luce atmosferica che crea dei riflessi sui capelli, sugli abiti, sulle decorazioni, provenendo dallo sfondo.
Già da questo esempio si ritrovano i principali elementi stilistici che Leonardo svilupperà nella sua pittura e che verranno indicati da lui stesso nel suo Trattato della Pittura, che dice : “La pittura è la composizione di luce e di tenebre insieme mista colle diverse qualità di tutti i colori semplici e composti”; e anche: “Pon mente … sul fare della sera ai visi … quanta grazia e dolcezza si vede in essi”. Oppure, riguardo al discorso dei colori dice: “Nessun colore che rifletta nella superficie d’un altro corpo tinge essa superficie del suo proprio colore, ma sarà misto con i concorsi degli altri colori riflessi che risaltano nel medesimo luogo”.
Riguardo alla tecnica di esecuzione, dagli esami radiografici è risultato che la testa dell’angelo è stata eseguita a olio su di una preparazione a tempera. L’opera è preceduta da diversi studi preparatori e da un disegno. Il paesaggio con la vallata dietro le figure è realizzato a olio molto diluito, con velature trasparenti. È immerso in un’atmosfera densa dove sembra che l’aria sia quasi carica di umidità, quindi non trasparente. Anche questa soluzione racchiude quella tecnica fondamentale che porterà ad un altro grande assunto leonardesco, quello della prospettiva aerea. Infatti il giovane Leonardo, ancora in fase di formazione già comprende che “la distanza grande racchiude in se molt’aria” e che inoltre bisogna “porre nelle … cose rimote dall’occhio solamente le macchie, non terminate, ma di confusi termini”.
Il quadro è esposto agli Uffizi di Firenze.

Nessun commento:

Posta un commento