
Costruita dal fiorentino Baccio Pontelli, la cappella era già
terminata nel 1480, l’anno successivo, infatti, Pietro Perugino, Sandro
Botticelli, Domenico Ghirlandaio
e Cosimo Rosselli, firmarono un
contratto con il quale si impegnavano ad affrescare le storie delle pareti. I
lavori di decorazione dovevano essere già iniziati; terminarono dopo la
sostituzione dei pittori già citati con Luca
Signorelli nel 1482, quando l’aula
fu solennemente consacrata da Sisto IV e dedicata alla Vergine Assunta.
Nel 1483 la cappella Sistina era
decorata in questo modo: sulle pareti, al livello più basso, erano dipinte
delle finte cortine di stoffa; più sopra c’erano due grandi serie di affreschi
con Storie di Mosè e Storie di Cristo
che partivano dalla parete dietro l’altare fino ad arrivare all’ingresso. Oggi
sopravvivono solamente i riquadri delle pareti laterali. Più in alto era stata
affrescata la lunga galleria con i ritratti dei primi trenta pontefici
tutt’intorno alla cappella, tra le finestre. Il soffitto era ornato con
semplicità da un cielo stellato. La parete dietro l’altare, la più importante,
aveva al centro una grande pala ad affresco con l’Assunzione della Vergine di Perugino, oggi non più visibile.
Il programma decorativo del 1480-83
celebrava il ruolo storico, politico e giuridico della Chiesa romana. Mosè,
condottiero e legislatore, protagonista di molti affreschi, è una
prefigurazione di Cristo; e Cristo ha affidato a San Pietro (Perugino, Consegna delle Chiavi), il primo
papa, la responsabilità della Chiesa, poi trasmessa ai successori di Pietro,
anche loro ritratti sulle pareti della Sistina. Gli affreschi simboleggiavano
l’autorità papale sugli antagonisti interni alla chiesa (Botticelli, La punizione dei Ribelli) e la sua superiorità sul
potere laico, ma indicavano anche che l’autorità papale si fonda sul potere
temporale.

Tra il 1515 e il 1516 papa Leone X fece eseguire da Raffaello i cartoni per dieci grandi
arazzi detti impropriamente gli Atti
degli Apostoli, raffiguranti episodi significativi della vita del papa, da
appendere sui muri della cappella nella zona inferiore, coprendo parzialmente
le finte cortine. Gli arazzi furono tessuti con grande dispiego di filati d’oro
e d’argento e con estrema perizia tecnica dall’arazziere di Bruxelles Pieter Van Aelst entro il 1519. Anche
queste immagini si incastravano nematicamente con la preesistente decorazione
per celebrare il potere spirituale e temporale della Chiesa e di Leone X.

Dopo il 1541 non vi furono altri
interventi, se si eccettuano gli sporadici rifacimenti di porzioni rovinate di
affreschi e la grottesca vestizione dei nudi michelangioleschi del Giudizio
Universale tramite braghe e mutandoni
dipinti da Daniele da Volterra dopo
la morte di Michelangelo. I dettami del Concilio
di Trento non permettevano che simili oscenità avessero posto nella più
importante cappella della cristianità.
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