lunedì 27 maggio 2013

Arte, La Decorazione della Cappella Sistina

di Claudia Pellegrini

ARTE, LA DECORAZIONE DELLA CAPPELLA SISTINA - La Cappella Sistina fu eretta da papa Sisto IV all’interno del più antico nucleo dei palazzi apostolici. È un’aula rettangolare, lunga circa 41 metri e larga 13 (le dimensioni attribuite dalla Bibbia al tempio di Salomone) coperta da una volta a botte. Tre marcapiani dividono in quattro livelli le pareti lisce, in modo da poter accogliere le decorazioni pittoriche. Una transenna divide l’aula in due zone destinate rispettivamente al clero officiante ed ai fedeli.
Costruita dal fiorentino Baccio Pontelli, la cappella era già terminata nel 1480, l’anno successivo, infatti, Pietro Perugino, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio e Cosimo Rosselli, firmarono un contratto con il quale si impegnavano ad affrescare le storie delle pareti. I lavori di decorazione dovevano essere già iniziati; terminarono dopo la sostituzione dei pittori già citati con Luca Signorelli nel 1482, quando l’aula fu solennemente consacrata da Sisto IV e dedicata alla Vergine Assunta.
Nel 1483 la cappella Sistina era decorata in questo modo: sulle pareti, al livello più basso, erano dipinte delle finte cortine di stoffa; più sopra c’erano due grandi serie di affreschi con Storie di Mosè e Storie di Cristo che partivano dalla parete dietro l’altare fino ad arrivare all’ingresso. Oggi sopravvivono solamente i riquadri delle pareti laterali. Più in alto era stata affrescata la lunga galleria con i ritratti dei primi trenta pontefici tutt’intorno alla cappella, tra le finestre. Il soffitto era ornato con semplicità da un cielo stellato. La parete dietro l’altare, la più importante, aveva al centro una grande pala ad affresco con l’Assunzione della Vergine di Perugino, oggi non più visibile.
Il programma decorativo del 1480-83 celebrava il ruolo storico, politico e giuridico della Chiesa romana. Mosè, condottiero e legislatore, protagonista di molti affreschi, è una prefigurazione di Cristo; e Cristo ha affidato a San Pietro (Perugino, Consegna delle Chiavi), il primo papa, la responsabilità della Chiesa, poi trasmessa ai successori di Pietro, anche loro ritratti sulle pareti della Sistina. Gli affreschi simboleggiavano l’autorità papale sugli antagonisti interni alla chiesa (Botticelli, La punizione dei Ribelli) e la sua superiorità sul potere laico, ma indicavano anche che l’autorità papale si fonda sul potere temporale.
La decorazione cinquecentesca non modificò il messaggio coniato da Sisto IV, semmai lo riprese in termini figurativi più ricchi e complessi, completando l’insieme. Su incarico di Giulio II Michelangelo affrescò nel 1508-1512 la volta, con gli episodi della Genesi, le Sibille e i Profeti, numerose altre figure ed episodi biblici nelle quattro vele angolari, scendendo lungo le pareti fino ad arrivare con gli Antenati di Cristo delle lunette ai ritratti papali. Da un punto di vista tematico gli affreschi michelangioleschi si incastravano alla perfezione con quelli quattrocenteschi, poiché raffigurano le vicende bibliche anteriori a quelle di Mosè e gli antecedenti della venuta di Cristo.
Tra il 1515 e il 1516 papa Leone X fece eseguire da Raffaello i cartoni per dieci grandi arazzi detti impropriamente gli Atti degli Apostoli, raffiguranti episodi significativi della vita del papa, da appendere sui muri della cappella nella zona inferiore, coprendo parzialmente le finte cortine. Gli arazzi furono tessuti con grande dispiego di filati d’oro e d’argento e con estrema perizia tecnica dall’arazziere di Bruxelles Pieter Van Aelst entro il 1519. Anche queste immagini si incastravano nematicamente con la preesistente decorazione per celebrare il potere spirituale e temporale della Chiesa e di Leone X.
Infine, tra il 1536 ed il 1541, Michelangelo dipinse su incarico di papa Paolo III l’enorme Giudizio Universale sulla parete dietro l’altare: un terribile specchio della situazione in cui versava la Chiesa, spaccata tra le istanze di riforma ed i propositi di rivincita controriformistica. Indubbiamente questo affresco si conciliava a fatica con il precedente programma teologico e politico e, in genere, con il tono narrativo prevalente nella decorazione della Sistina. Alle scene storiche e celebrative si sostituiva ora, nella parete più in vista della cappella, la visione apocalittica del drammatico scontro tra il bene e il male. Le vicende di quegli anni imponevano questa inserzione, anche a costo di distruggere, per farle posto, l’Assunzione della Vergine del Perugino ed il primo episodio, rispettivamente, delle Storie di Mosè e delle Storie di Cristo. Sulla parete d’ingresso Michelangelo avrebbe dovuto affrescare una Resurrezione ma, assorbito da altri impegni, non diede mai inizio a quest’ultima fatica, con cui avrebbe dovuto concludersi la decorazione della Sistina.
Dopo il 1541 non vi furono altri interventi, se si eccettuano gli sporadici rifacimenti di porzioni rovinate di affreschi e la grottesca vestizione dei nudi michelangioleschi del Giudizio Universale tramite braghe e mutandoni dipinti da Daniele da Volterra dopo la morte di Michelangelo. I dettami del Concilio di Trento non permettevano che simili oscenità avessero posto nella più importante cappella della cristianità.

Nessun commento:

Posta un commento