martedì 23 aprile 2013

Arte, Caravaggio a Roma in 10 tappe - parte terza

di Claudia Pellegrini

 ARTE, CARAVAGGIO A ROMA IN 10 TAPPE - Ci accingiamo a percorrere le ultime tappe del nostro viaggio caravaggesco a Roma visitando virtualmente tre chiese.

8) SAN LUIGI DEI FRANCESI  È la chiesa nazionale dei francesi a Roma. I suoi lavori iniziarono nel 1518 e terminarono nel 1589 su un progetto di Giacomo della Porta. La maggior parte dei fondi messi a disposizione per la costruzione provenivano dalla celebre regina Caterina dei Medici. La celebrità della chiesa è dovuta alle tre operedi Caravaggio che custodisce: la Vocazionedi San Matteo, il Martirio di SanMatteo e San Matteo e l’angelo. I tre grandi dipinti furono commissionati dal cardinale Mathieu Cointrel e collocati nella cappella Contarelli tra il 1597 e il 1603. La Vocazione riscrive completamente le tradizionali regole dell’iconografia sacra, proponendo un punto di vista nuovo e soprattutto impensabile. La prima spregiudicatezza sta nella rappresentazione di una scena di gioco d’azzardo inadatta ad una chiesa. San Matteo era un agente di cambio,Caravaggio lo dipinge seduto a giocare in una bettola, dunque un uomo che conduce una vita dissoluta, fin quando non giunge la vocazione, resa da un raggio di luce che proviene dal dito di Cristo e colpisce Matteo in viso,interrompendo bruscamente il gioco. La scena è talmente realistica da sembrare quasi un’istantanea o un’inquadratura cinematografica. Nel Martirio è la violenza a farla da padrone; i personaggi fuggono da ogni lato in preda all’orrore, come se fossero gli spettatori di un fatto di cronaca, di uno dei tanti omicidi del tempo. Matteo non è realizzato come un eroe del martirio, ma come una vittima, un vecchio che viene aggredito da un assassino, l’uomo seminudo che in realtà è il protagonista della tela poiché fa concentrare su di se tutta l’attenzione di chi guarda. Dietro l’assassino, sulla sinistra, si nota un personaggio che si volta mentre fugge con un’espressione atterrita, si tratta di Caravaggio, è il suo autoritratto. L’ultima tela, San Matteo e l’angelo, è in realtà la seconda versione del soggetto. La prima venne rifiutata poiché ritraeva un Matteo sporco e vestito di stracci. La seconda versione, quella che tutti possiamo ammirare (la prima purtroppo è andata perduta a Berlino durante gli eventi bellici del 1945), con un Matteo vestito più dignitosamente, lo ritrae con una penna tra le mani, mentre guarda l’angelo che gli detta cosa scrivere.Sicuramente una versione più dignitosa e affine all’idea cristiana dell’ispirazione divina.

9) SANTA MARIA DEL POPOLO  Nella Chiesa sita in Piazza del Popolo èpossibile ammirare la seconda versione della Conversione di San Paolo (la prima, rifiutata, come già detto, sitrova nella collezione privata Odescalchi) e la Crocifissione di San Pietro. La prima tela ritrae Paolo caduto dacavallo che, con una luce accecante negli occhi (sembrano quelli dei bustiromani: con le pupille cieche), evita per intercessione divina di essereschiacciato dallo zoccolo del cavallo. Il particolare che salta meglioall’occhio è il cavallo; infatti l’animale occupa una parte rilevante neldipinto, perfettamente in linea con la pittura innovativa dell’artista.Guardando la Crocifissione si ha l’impressione che l’immagine, e quindil’azione, sia compressa in un angolo molto ristretto che non riesce a conteneretutto. Tre operai di cui non vediamo il volto, probabilmente per accentuarne lamancanza di pietà, si apprestano a crocifiggere Pietro, il quale, chiese, peressere inferiore a Gesù, di essere crocifisso a testa in giù. L’apostolo è resoda Caravaggio molto realisticamente, infatti ha il volto di un vecchio che nonnasconde il dolore così come fosse una persona qualunque.

10) BASILICA DI SANT’AGOSTINO È qui custodita la Madonna dei Pellegrini, commissionata a Caravaggio agli inizi del 1600 da un notaio bolognese, Cavalletti, per essere collocata nella cappella romana di famiglia.Il soggetto doveva essere un semplice quadro mariano raffigurante la Madonna di Loreto, ma l’artista presenta al committente una Vergine insolita. In primis non è assisa in trono, come tutte le raffigurazioni del tempo, ma è in piedi sulla soglia di casa, e ai suoi piedi si inginocchiano due penitenti, un uomo e una donna. Ancora una volta il realismo del Merisi è presente nei particolari dei due penitenti: l’uomo infatti, vestito poveramente, ha i piedi nudi e sporchi, così come li avrebbe chiunque che, nella realtà, camminasse senza scarpe; la donna, anch’essa vestita di stracci, ha in testa una cuffietta sudicia, a testimoniarne la povertà. Dunque la Vergine non è accerchiata da santi o da cori di angeli, ma scende in strada in mezzo ai poveri, agli ultimi.

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