domenica 21 aprile 2013

Arte, Caravaggio a Roma in 10 tappe - parte seconda



di Claudia Pellegrini

ARTE, CARAVAGGIO A ROMA 10 TAPPE - Continuiamo il nostro viaggio virtuale alla scoperta dei capolavori caravaggeschi a Roma con altre tappe.

4. MUSEI CAPITOLINI:  Il museo nasce storicamente nel 1471, anno in cui papa Sisto IV decide di donare al popolo romano una serie di statue bronzee. Di Caravaggio conserva due tele: la Buonaventura e San Giovanni Battista. Nel primo il soggetto principale è una zingara che ruba l’anello di un gentiluomo mentre gli legge la mano. Secondo una leggenda, il Merisi aveva scelto come modella una vera zingara che passava davanti al suo studio. Il volto sorridente della zingara è chiaramente spregiudicato, e contrasta con quello ingenuo del giovane che sembra non accorgersi del furto. Un particolare importante, che ritorna spesso nelle opere a carattere popolare dell’artista sono le unghie sporche. Si può affermare che il dipinto ha un intento moralistico, e invita chi guarda a non fidarsi del prossimo. Il secondo invece rappresenta San Giovanni fanciullo che abbraccia un ariete, probabilmente inteso come simbolo del sacrificio di Cristo, seduto su una tunica rossa ed una pelle di cammello, quest’ultima da sempre simboleggiava il santo. La particolare posa del personaggio ricorda i nudi di Michelangelo della Cappella Sistina, di cui Caravaggio era un grande appassionato. L’atmosfera del quadro, più che ricordare la solitudine dello spoglio deserto giudeo, rimanda alle rappresentazioni tipiche dell’Arcadia.

5. PALAZZO BARBERINI:  Nella galleria d’arte sita nel palazzo è possibile ammirare una ricca serie di capolavori risalenti ai secoli XVI e XVII che spaziano da Lippi a Bronzino, da Tintoretto a Guido Reni, da Guercino a Poussin, per citarne alcuni, fino ad arrivare a Caravaggio. Giuditta e Oloferne è la prima tela in cui il Merisi dipinge un soggetto drammatico. La scena feroce contrasta con la bellezza di Giuditta, e l’artista, nell’espressione orribile che da al viso della vittima, rende con straordinaria efficacia il momento da sempre più temuto dagli uomini: il passaggio dalla vita alla morte. Gli occhi rovesciati, la bocca urlante, le mani che si aggrappano al letto, fanno di Oloferne il ritratto del terrore ante mortem. La precisione realistica dell’insieme fa pensare che Caravaggio si sia ispirato a tutte quelle esecuzioni di fine secolo, tra cui ricordiamo le più celebri di Giordano Bruno e Beatrice Cenci. Il Narciso risale al periodo tra il 1597 ed il 1599, quando l’artista predilige le atmosfere magiche ed introspettive. Infatti il soggetto, ovviamente di carattere mitologico, ripercorre l’antico mito del giovinetto vanesio che si innamora della sua immagine riflessa nell’acqua. È interessante il rapporto luce ed ombra, reso ancora più evidente dal particolare del ginocchio, che divide in due la tela: la parte in luce in cui si trova la figura “reale” di Narciso e quella in ombra del suo riflesso nell’acqua.

6. MUSEI VATICANI: Spostandoci all’interno dei Musei Vaticani è possibile ammirare la Deposizione, uno dei massimi capolavori di Caravaggio. Fu commissionata da Girolamo Vittrice per la cappella di famiglia che si trovava in Santa Maria in Vallicella. La tela ha una storia travagliata alle spalle, infatti alla fine del 1700 fu trasferita a Parigi a seguito del Trattato di Tolentino. Fortunatamente rientrò in Italia nel 1816. Non vi è raffigurata la deposizione tradizionale, cioè il momento in cui Cristo viene calato nella tomba, ma il momento in cui Nicodemo e Giovanni lo adagiano sulla pietra tombale che chiuderà il sepolcro. Oltre a questi personaggi troviamo la Vergine, la Maddalena e Maria di Cleofa, quest’ultima molto suggestiva, colta in un gesto drammatico mentre alza le braccia e gli occhi al cielo.

7. COLLEZIONE PRIVATA ODESCALCHI: Nel palazzo Odescalchi di Piazza Santo Spirito è conservata la tela rappresentante la Conversione di San Paolo. Purtroppo l’opera non è esposta al pubblico tranne che in rare occasioni. Solitamente viene anche chiamata Caravaggio Odescalchi, per distinguerla da un altro dipinto con lo stesso tema che si trova nella Basilica di Santa Maria del Popolo. L’opera gli fu commissionata nel 1600 da Tiberio Cerasi per decorare la cappella di famiglia che da poco aveva iniziato a restaurare. Purtroppo il Cerasi morì l’anno successivo, a lavori non terminati, di conseguenza Caravaggio non poté consegnare la tela, che rimase per qualche anno nel suo studio.
Qualche anno dopo, accordatosi con gli eredi del Cerasi, venne invitato a dipingere una seconda versione del soggetto (quella appunto conservata nella Basilica di Santa Maria del Popolo). Il perché del cambiamento non è certo, ma è probabile che, in seguito al completamento dei lavori nella cappella, il dipinto originale non risultasse idoneo, così passò di mano in mano. Prima venne comprato dal Cardinale Giacomo Sannesio, successivamente fu venduto ad uno spagnolo che lo portò a Madrid; anni dopo figurò nella collezione di un nobile genovese fino ad arrivare, per vie ereditarie, alla famiglia Odescalchi, ritornando finalmente a Roma. Osservando la tela risulta ovvio che la scena ritratta è quella tipica della conversione paolina, quando sulla via di Damasco gli appare Gesù che  ordina  al santo di diventare un suo ministro. Caravaggio dipinge il Cristo sorretto da un angelo, Paolo invece, caduto da cavallo, si copre gli occhi accecato dalla luce divina. Il fiume che si vede scorgere dietro le figure è probabilmente l’Aniene.



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