giovedì 18 aprile 2013

Cultura, le statue parlanti di Roma: Pasquino e il Congresso degli Arguti


di Claudia Pellegrini

CULTURA, STATUE PARLANTI ROMA PASQUINO CONGRESSO ARGUTI - Nel 1501 il cardinale Oliviero Carafa fece posizionare all’angolo della sua residenza, Palazzo Orsini, un’insolita statua. In origine doveva far parte di un gruppo raffigurante Menelao che trascina il corpo di Patroclo morente, o forse un Ercole che combatte con i Centauri, o Aiace con il corpo di Achille. È probabile che fosse una delle tante statue che decorava lo Stadio di Domiziano, il quale si trovava nella zona di Piazza Navona, luogo in cui effettivamente era stata rinvenuta durante i lavori di pavimentazione dell’inizio 1500. 

La piazza adiacente venne chiamata Pasquino, e sull’origine di questo nome non ci sono certezze; alcuni dicono che fosse un calzolaio, un sarto o un fabbro. Quel che è certo è che la statua e la piazza insieme divennero il luogo ideale in cui posizionare epigrammi satirici, in versi o in prosa, con i quali la popolazione romana esprimeva malcontento anonimamente. Ed era nei confronti del potere temporale del Papa che Pasquino esprimeva maggior disappunto, diventando una sorta di precursore della libertà di stampa, un paladino che innalzava la voce di un popolo rassegnato al non poter agire con i fatti.
Ma chi era in realtà Pasquino? Sappiamo che all’epoca il popolo romano era ovviamente analfabeta, di conseguenza non poteva essere l’autore materiale delle Pasquinate. Probabilmente si possono attribuire a letterati e studenti, o magari a personaggi vicini alle sfere del potere papale, protetti da alti personaggi, poiché la giustizia papale non era troppo indulgente con i calunniatori, per i quali era prevista la pena di morte.
Per quattro secoli vennero messi in piazza i segreti dei papi, dei potenti, ridicoleggiandoli, calunniandoli, denunciandone i vizi. Ma i papi accettavano tutto questo? Adriano VI ordinò che la statua fosse gettata nel Tevere, ma fortunatamente tra i suoi consiglieri ci fu qualcuno che lo distolse da questo proposito, dicendo che dal fiume la statua avrebbe potuto continuare comunque a parlare. In un’altra occasione la statua fu imbavagliata e sorvegliata da guardie armate, ma le Pasquinate fecero la loro comparsa altrove.
Pasquino dunque è l’antagonista del papato, colui che continua a parlare per quattro secoli ininterrottamente, fino alla presa di Porta Pia, quanto il potere temporale del papa si estingue, e Pasquino può finalmente andare in pensione.
Ma anche su altre statue collocate in varie zone della città iniziano a comparire le Pasquinate. Questo gruppo insolito di marmi parlanti viene chiamato “Il Congresso degli Arguti.
Il primo è Marforio, un uomo barbuto disteso su un fianco, con molta probabilità rappresentante Nettuno, il dio del mare, o un’allegoria di un qualche fiume. È situato nel cortile che fronteggia il Museo Capitolino, ma fino al XVI secolo, era posto davanti al Carcere Mamertino, che oggi fa parte del Foro Romano. Era la “spalla” di Pasquino, infatti sovente capitava che tra i due ci fosse un vero e proprio scambio di battute: uno faceva le domande, l’altro rispondeva in modo arguto con la satira.
Appartiene alle statue parlanti “minori” Il Facchino, una fontana dalla figura maschile che compie l’atto di versare l’acqua in una botte. Il viso purtroppo si è rovinato col passare del tempo, ma i suoi abiti, tipici della corporazione dei facchini, ne spiegano la denominazione. In origine la fontana era sita sulla facciata di Palazzo De Carolis ( oggi Banco di Roma), nel 1874 venne spostata dietro l’angolo, in via Lata. La tradizione vuole che venne ispirata dalla figura di un “acquarolo”, cioè colui che raccoglieva l’acqua dalle fontane pubbliche rivendendola a prezzo modico porta a porta. Data la fattura pregiata della scultura ne venne data la paternità erroneamente persino a Michelangelo; tutt’ora non ne conosciamo l’autore.
Madama Lucrezia si trova in Piazza San Marco, è un enorme busto marmoreo alto circa tre metri e proviene da uno dei tanti tempi di Iside; probabilmente rappresenta la stessa dea o una sacerdotessa del suo culto. Il nome Lucrezia deriva da una nobildonna del XV secolo, la quale giunse a Roma per chiedere al papa l’annullamento del matrimonio del re di Napoli di cui era innamorata; a quanto pare il tentativo non andò bene, il re addirittura morì poco tempo dopo e Lucrezia si trasferì definitivamente a Roma, abitando proprio presso questa piazza.
In Piazza Vidoni invece abbiamo L’Abate Luigi, su uno dei muri della chiesa di S. Andrea della Valle. Sulla base che sorregge la statua è inciso un piccolo epitaffio che recita: “Fui dell’antica Roma un cittadino, ora Abate Luigi ognun mi chiama, conquistai con Marforio e con Pasquino nelle satire urbane eterna fama, ebbi offese, disgrazie e sepoltura, ma qui vita novella e alfin sicura”. Nonostante raffiguri un uomo con la toga, la tradizione dice che il soprannome di Abate Luigi deriva probabilmente dalla somiglianza con il sagrestano di una chiesa vicina.
Il Babuino (babbuino) è una figura di sileno distesa davanti la chiesa di S. Attanasio dei Greci, decorazione di una semplice fontana a vasca che si trovava in quel luogo già precedentemente. Il soprannome deriva dal volto grottescamente sfigurato dall’usura del tempo.
Oggi purtroppo le statue  non parlano più, ma restano come testimonianza di un’epoca in cui un popolo, quello romano, erede di coloro che avevano dominato il mondo, divenuto  muto per imposizione, riusciva  comunque  a far sentire alta la propria voce, con lo spirito, l’ironia e la forza che da sempre lo aveva caratterizzato.

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