di Claudia Pellegrini
CULTURA, STATUE
PARLANTI ROMA PASQUINO CONGRESSO ARGUTI - Nel 1501 il cardinale Oliviero Carafa fece posizionare
all’angolo della sua residenza, Palazzo
Orsini, un’insolita statua. In origine doveva far parte di un gruppo
raffigurante Menelao che trascina il corpo di Patroclo morente, o forse un
Ercole che combatte con i Centauri, o Aiace con il corpo di Achille. È
probabile che fosse una delle tante statue che decorava lo Stadio di Domiziano,
il quale si trovava nella zona di Piazza Navona, luogo in cui effettivamente
era stata rinvenuta durante i lavori di pavimentazione dell’inizio 1500.
La piazza adiacente
venne chiamata Pasquino, e
sull’origine di questo nome non ci sono certezze; alcuni dicono che fosse un
calzolaio, un sarto o un fabbro. Quel che è certo è che la statua e la piazza
insieme divennero il luogo ideale in cui posizionare epigrammi satirici, in
versi o in prosa, con i quali la popolazione romana esprimeva malcontento
anonimamente. Ed era nei confronti del potere temporale del Papa che Pasquino esprimeva maggior disappunto,
diventando una sorta di precursore della libertà di stampa, un paladino che
innalzava la voce di un popolo rassegnato al non poter agire con i fatti.
Ma chi era in realtà Pasquino? Sappiamo che all’epoca il
popolo romano era ovviamente analfabeta, di conseguenza non poteva essere
l’autore materiale delle Pasquinate.
Probabilmente si possono attribuire a letterati e studenti, o magari a
personaggi vicini alle sfere del potere papale, protetti da alti personaggi, poiché
la giustizia papale non era troppo indulgente con i calunniatori, per i quali
era prevista la pena di morte.
Per quattro secoli
vennero messi in piazza i segreti dei papi, dei potenti, ridicoleggiandoli,
calunniandoli, denunciandone i vizi. Ma i papi accettavano tutto questo? Adriano VI ordinò che la statua fosse
gettata nel Tevere, ma fortunatamente tra i suoi consiglieri ci fu qualcuno che
lo distolse da questo proposito, dicendo che dal fiume la statua avrebbe potuto
continuare comunque a parlare. In un’altra occasione la statua fu imbavagliata
e sorvegliata da guardie armate, ma le Pasquinate
fecero la loro comparsa altrove.
Pasquino
dunque è l’antagonista del papato, colui che continua a parlare per quattro
secoli ininterrottamente, fino alla presa di Porta Pia, quanto il potere
temporale del papa si estingue, e Pasquino
può finalmente andare in pensione.
Ma anche su altre
statue collocate in varie zone della città iniziano a comparire le Pasquinate. Questo gruppo insolito di
marmi parlanti viene chiamato “Il Congresso degli Arguti.
Il primo è Marforio, un uomo barbuto disteso su un
fianco, con molta probabilità rappresentante Nettuno, il dio del mare, o
un’allegoria di un qualche fiume. È situato nel cortile che fronteggia il Museo
Capitolino, ma fino al XVI secolo, era posto davanti al Carcere Mamertino, che oggi fa parte del Foro Romano. Era la
“spalla” di Pasquino, infatti
sovente capitava che tra i due ci fosse un vero e proprio scambio di battute:
uno faceva le domande, l’altro rispondeva in modo arguto con la satira.
Appartiene alle statue
parlanti “minori” Il Facchino, una
fontana dalla figura maschile che compie l’atto di versare l’acqua in una
botte. Il viso purtroppo si è rovinato col passare del tempo, ma i suoi abiti,
tipici della corporazione dei facchini, ne spiegano la denominazione. In
origine la fontana era sita sulla facciata di Palazzo De Carolis ( oggi Banco
di Roma), nel 1874 venne spostata dietro l’angolo, in via Lata. La tradizione
vuole che venne ispirata dalla figura di un “acquarolo”, cioè colui che raccoglieva l’acqua dalle fontane
pubbliche rivendendola a prezzo modico porta a porta. Data la fattura pregiata
della scultura ne venne data la paternità erroneamente persino a Michelangelo; tutt’ora non ne
conosciamo l’autore.
Madama
Lucrezia si trova in Piazza San Marco, è un enorme busto
marmoreo alto circa tre metri e proviene da uno dei tanti tempi di Iside;
probabilmente rappresenta la stessa dea o una sacerdotessa del suo culto. Il
nome Lucrezia deriva da una nobildonna del XV secolo, la quale giunse a Roma
per chiedere al papa l’annullamento del matrimonio del re di Napoli di cui era
innamorata; a quanto pare il tentativo non andò bene, il re addirittura morì
poco tempo dopo e Lucrezia si trasferì definitivamente a Roma, abitando proprio
presso questa piazza.
In Piazza Vidoni invece
abbiamo L’Abate Luigi, su uno dei
muri della chiesa di S. Andrea della Valle. Sulla base che sorregge la statua è
inciso un piccolo epitaffio che recita: “Fui
dell’antica Roma un cittadino, ora Abate Luigi ognun mi chiama, conquistai con
Marforio e con Pasquino nelle satire urbane eterna fama, ebbi offese, disgrazie
e sepoltura, ma qui vita novella e alfin sicura”. Nonostante raffiguri un
uomo con la toga, la tradizione dice che il soprannome di Abate Luigi deriva
probabilmente dalla somiglianza con il sagrestano di una chiesa vicina.
Il Babuino (babbuino) è una figura di sileno distesa davanti la chiesa
di S. Attanasio dei Greci, decorazione di una semplice fontana a vasca che si
trovava in quel luogo già precedentemente. Il soprannome deriva dal volto
grottescamente sfigurato dall’usura del tempo.
Oggi purtroppo le
statue non parlano più, ma restano come
testimonianza di un’epoca in cui un popolo, quello romano, erede di coloro che
avevano dominato il mondo, divenuto muto
per imposizione, riusciva comunque a far sentire alta la propria voce, con lo
spirito, l’ironia e la forza che da sempre lo aveva caratterizzato.
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