di Michela Gabrielli
Vi sono poi ritratti di epoca
tardo antica e repubblicana di fama nota
o meno nota, con vene caratteristiche sull’arte dell’epoca. Vi è poi un
ritratto di Adriano in cui il suo volto è molto scavato e la sua espressione è
profonda, dove la capigliatura si distingue per le ciocche della fronte ed anche la barba
ha le stesse fattezze. È appartenente alla collezione Ludovisi. Nei seguenti è anche con corazza. Andando
avanti nel percorso, si trova un Sarcofago di bambino , riutilizzato in età
tardo antica per la fanciulla Gerontia, con caratteri dell’età Adrianea, con lo
sfondo liscio e con precisi elementi adrianei.
C’è poi un altro Sarcofago, il più antico in cui vi è raffigurata una
Battaglia tra Amazzoni e Greci: 140-150 D.C.. Il più antico sarcofago, appunto,
a noi giunto, porta protagonisti più o meno giovanili, con singoli duellanti
giustapposti tra loro, le posizioni assunte
dai combattenti sono “marmorizzate” da
svariati punti di vista. Segue un altro
Sarcofago, delle scene di Battaglia tra Graeci e Galati: guerra realmente
avvenuta nel II secolo D.C. Nell’età Antoniniana lo spazio si è sempre alzato
sulla cassa, consentendo una compensazione di più piani. I Greci sono
rappresentati nella parte superiore ed i Galati schiacciati dai cavalli nella
inferiore.. , il tutto incorniciato da trofei.
È allora che incontriamo un
Sarcofago di Battaglia tra Romani e Barbari. La partecipazione delle figure del
sarcofago del regno di M. Antonio (160
D. C. ), è sempre più ricche convulse le sue figure. In più si aggiunge la
drammaticità degli eventi e dei protagonisti che è sempre più evidente. Segue il Ritratto di Antinoo, l’unico
interessante, tra i tanti visti alla mostra, che non sono degni , a modesto
parere di attenzione , poiché poco caratterizzanti il volto, che qui è invece
fortemente commovente. Qui la fluente chioma in una testa colossale riprende la
celebre raffigurazione del dio Apollo, ed è intervallato da fiorellini; gli
occhi e il corpo sono rappresentati secondo la tecnica acrolitica, ossia testa e arti in marmo, il resto in altro
materiale. Segue il Ritratto di Antonino
Pio con mantello militare, in cui il volto ha delle rughe solcate agli angoli
degli occhi. Ne seguono altri con varie caratteristiche più
o meno simili, ma sempre somiglianti e rappresentanti lo stesso identico
soggetto.
L’ultimo imperatore in questione
sarà in un Calco in gesso di Marco Aurelio (L’imperatore Filosofo) (150-161
D.C.), dove il ritratto di distingue per i tratti giovani del volto, il viso
gaio, il naso ingobbito, gli occhi sporgenti, e caratteristico perché
indossante la Corazza, che le conferisce anche un segno di Guerriero e di
forza. Se dovessimo dare un giudizio su tale Mostra potremmo sottendere che il
tutto ci ha mostrato un’epoca in cui Roma governasse “di Pace”, e che anche
laddove vi fosse stata la guerra, questa fosse intesa come una Dea, e fosse
vista come tale, quasi da “rispettare, da “non obiettare”agli Imperatori, che riuscivano
a far godere ai sudditi di una certa situazione di “beatitudine civile”. Il non
ribellarsi, di cui si notano le caratteristiche nella Concettualità della
Mostra, è, è vero, solo una sensazione, ma tanto restituisce la
rappresentazione della Roma Repubblicana soprattutto che si evince da tutto il comparto
culturale che è stato messo in impianto dal Comune di Roma in questo periodo.
Se proprio si deve essere sinceri, dovremmo essere grati ad una Roma di quei
tempi (150-160 D.C.) che ci ha lasciati una sorta di cultura e di società che
ancora oggi ci insegnano qualcosa di molto importante.
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