ARTE, GIUDITTA E OLOFERNE SECONDO DONATELLO - Il gruppo di Giuditta e Oloferne è un’opera particolare, rende alla perfezione
la grande tragicità della donna che con eroismo ha ucciso il generale assiro,
ma anche la morte violenta dello stesso che sopraggiunge quasi senza che egli
se ne accorga. Donatello
probabilmente voleva dare un senso di unione indissolubile alle due figure,
quasi sembra di vedere un altro celebre gruppo, quello del conte Ugolino e l’arcivescovo
Ruggeri descritti da Dante nel
ghiaccio dell’Antenora. La base triangolare sulla quale sono posati i due
personaggi è molto suggestiva e stupisce per la scelta delle figure: uomini che
vendemmiano, danzano, si abbracciano e montano sul corpo di un Sileno.
Donatello nel suo ultimo periodo sembra avvicinarsi molto al mondo pagano, lo
si vede anche da altre decorazioni delle sue opere, come ad esempio nel pulpito di San Lorenzo.
La statua era dei Medici, e nel 1496 fu sequestrata insieme ai loro beni e portata
dal loro palazzo sulla ringhiera di Palazzo
Vecchio; successivamente fu smossa per lasciare il posto al David di Michelangelo e fu posizionata nella Loggia della Signoria. Nel 1919 è ritornata al posto che occupava
nel 1496.
Spesso si è pensato che in origine fosse
stata una fontana, infatti nei cuscini ci sono dei fori che potevano avere
delle cannelle, anche se, secondo alcuni critici, è alquanto improbabile, dato
che il gruppo è troppo imponente per essere il boccio terminale di una fontana;
se così fosse è inevitabile pensare a un adattamento a lavoro già
abbondantemente iniziato.
Donatello si sofferma molto sulla figura
di Oloferne piuttosto che su quella
di Giuditta, nonostante i due siano
molto legati scultoreamente parlando, quasi dimenticando che la cosa più
importante della rappresentazione è l’atto di recidere la testa, per il quale
la vicenda di Giuditta è famosa. Ma l’artista in questo caso ha voluto rendere
soprattutto l’unione, rappresentando la donna nell’atto di colpire, con la
spada levata, in attesa di una separazione che in questo caso ancora non c’è.
Donatello fotografa il momento che precede l’azione, e lo fa in maniera così
reale che i personaggi sembrano quasi vivi, sul punto di muoversi da un momento
all’altro. Oloferne è al centro della scena, completamente abbandonato sui
cuscini, con un aspetto non certo minaccioso, sembra quasi che dorma, con le labbra
dischiuse e gli occhi chiusi. Giuditta invece ha un’espressione più fredda e
rigida, e stringe possessiva e dominatrice i capelli nel nemico con una mano,
mentre con le gambe si avvinghia al corpo dell’assiro.
Il gruppo ha una certa carica erotica che
fa pensare ad una rivisitazione nuova ed originale del tema biblico, anche per
il fatto che Donatello sceglie di non rappresentare l’evento nel pieno dello
svolgimento, come ad esempio faranno gli artisti rinascimentali, oppure i
barocchi come Artemisia Gentileschi.
A quanto pare lo scultore si astiene dal giudizio morale che poi era lo scopo
principale di certe rappresentazioni bibliche, presentando semplicemente due
esseri umani animati da differenti passioni che però si vengono ad unire in una
sola. Inoltre, con la scelta di immortalare il momento precedente all’omicidio,
l’artista rende eterno quell’istante in cui l’eroina riflette su ciò che si
appresta a fare; e questa riflessione la si vede dallo sguardo che non ha
quella scintilla d’odio che brilla negli occhi della Giuditta di Artemisia
Gentileschi, ne tantomeno la serenità di un’altra famosa Giuditta, quella di Botticelli, che se ne va con la spada
in mano a cose già fatte senza neanche uno schizzo di sangue. La Giuditta di
Donatello è diversa, ha un volto imperscrutabile, oltre che una nota mascolina,
forse un po’ contratto nell’atto di pensare, quasi stesse soppesando il suo
gesto prima di compierlo.
Il movimento del gruppo è a spirale,
reso essenzialmente dall’avvinghiarsi dei due corpi al centro, e per questo si
può affermare che in questa sede Donatello sviluppa una delle tematiche
fondamentali del futuro Romanticismo: amore
e morte.
Nessun commento:
Posta un commento