ARTE, INTERVENTO DEL GIOVANE LEONARDO AL "BATTESIMO" DEL VERROCCHIO - Nel 1473 un giovane Leonardo, durante il suo apprendistato presso la bottega fiorentina
di Andrea del Verrocchio, dipinge un particolare per una tavola del maestro.
Quest’ultima, intitolata Battesimo di
Cristo, dipinta per la chiesa di San
Salvi a Firenze, è attribuita proprio al Verrocchio già dalle fonti
Quattrocentesche. L’intervento di Leonardo, circospetto esclusivamente alla
testa dell’angelo sulla sinistra, viene persino ricordato dall’Albertini nel
1510, e successivamente riproposto nelle Vite
di Vasari. Di recente gli è stato attribuito anche il paesaggio che si vede
sullo sfondo, e più in particolare la valle con il fiume, intervento provato da
alcune sofisticate analisi tecniche. Secondo alcuni critici è possibile che sul
dipinto siano intervenuti anche altri allievi del Verrocchio: Domenico di Michelino, Sandro Botticelli, Francesco Botticini.
In primo piano sulla destra è
rappresentato San Giovanni Battista che solleva la mano destra che regge una
ciotola, nell’atto di versarne il contenuto sulla testa di Cristo che, a mani
giunte, sembra pregare. Ai piedi di entrambe le figure c’è un fiume, il
Giordano. Sul lato opposto, leggermente arretrati, due angeli seduti assistono
al battesimo. Sulla testa di Cristo appare una colomba, chiaro simbolo dello
Spirito Santo; nel paesaggio circostante si vede una palma, che simboleggia
l’ascesa e la vittoria, e delle rocce con il cielo in fase di tramonto.
Se si osserva la figura dell’angelo di
Leonardo, salta subito all’occhio che possiede qualcosa che lo rende quasi
vivo. Si tratta del dinamismo. Leonardo sceglie una costruzione su diverse
direzioni di movimento, in modo da suggerire proprio il movimento di rotazione
della testa. In base a questo modello è impostato il modellato in toni d’ombra,
con i quali ricrea quel particolare effetto di morbidezza e di calore che
suscita l’impressione di guardare un essere vivente.
È un effetto dato dalla tecnica dello sfumato, inventata dallo
stesso Leonardo, che nell’ambiente artistico fiorentino aveva destato molta
ammirazione. La testa dell’angelo è modellata con un delicato chiaroscuro,
costruito con tratti di pennello sottili e trasparenti, sovrapposti in modo che
abbiano più direzioni di movimento. In questo modo i contorni diventano
indefiniti, l’incarnato luminoso e delicato e i capelli soffici e vaporosi.
Sempre con lo sfumato, disteso con velature quasi trasparenti e calibrando bene
i colori, Leonardo riesce ad ottenere una luce calda e dorata; la stessa luce
atmosferica che crea dei riflessi sui capelli, sugli abiti, sulle decorazioni,
provenendo dallo sfondo.
Già da questo esempio si ritrovano i
principali elementi stilistici che Leonardo svilupperà nella sua pittura e che
verranno indicati da lui stesso nel suo Trattato
della Pittura, che dice : “La pittura
è la composizione di luce e di
tenebre insieme mista colle diverse qualità di tutti i colori semplici e composti”; e anche: “Pon mente … sul fare della sera ai visi …
quanta grazia e dolcezza si vede in essi”.
Oppure, riguardo al discorso dei colori dice: “Nessun colore che rifletta nella superficie d’un altro corpo tinge essa superficie del suo
proprio colore, ma sarà misto con i concorsi degli altri colori riflessi che
risaltano nel medesimo luogo”.
Riguardo alla tecnica di esecuzione,
dagli esami radiografici è risultato che la testa dell’angelo è stata eseguita
a olio su di una preparazione a tempera. L’opera è preceduta da diversi studi
preparatori e da un disegno. Il paesaggio con la vallata dietro le figure è
realizzato a olio molto diluito, con velature trasparenti. È immerso in
un’atmosfera densa dove sembra che l’aria sia quasi carica di umidità, quindi
non trasparente. Anche questa soluzione racchiude quella tecnica fondamentale
che porterà ad un altro grande assunto leonardesco, quello della prospettiva aerea. Infatti il giovane
Leonardo, ancora in fase di formazione già comprende che “la distanza grande racchiude in se molt’aria” e che inoltre bisogna
“porre nelle … cose rimote dall’occhio
solamente le macchie, non terminate, ma di confusi termini”.
Il quadro è esposto agli Uffizi di Firenze.
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