Ma davvero particolari sono le
opere del Bernini e del Caravaggio che lasciano il segno e ci comunicano tutto
ciò che possono e vogliono dire con la loro arte i due interpreti di queste due
correnti. L’Apollo e Dafne del
Bernini , eseguito per Scipione Borghese dal 1622-23 , per procedere
all’esecuzione del David, fu ripreso
e completato tra il ’24 e il ’25. Il
gruppo rappresenta nella sinteticità della forma statuaria l’intera
articolazione narrativa, evocando tutte le qualità espressive e dinamiche della
poesia e della sua rappresentazione drammatica: il moto, la fuga,
l’inseguimento, il grido. Ancora più estrema, rispetto al Ratto di Proserpina, è qui la capacità di superamento delle difficoltà tecniche e statiche della
scultura ricercando la violazione della legge di natura come una condizione di
eccellenza artistica. Anche in quest’opera si cela l’allegoria con il dio della
bellezza Apollo che trasforma il desiderio nell’alloro simbolico della poesia.
E la sua partecipazione moralizzante all’esecuzione dell’Apollo e Dafne è uno degli episodi più rilevanti della protezione di Maffeo Barberini esercitata nei confronti del giovane Bernini.
Ma la trasformazione stilistica
da parte dello scultore , derivazioni di forme dell’antichità, avviene nella
sconvolgente trasfigurazione della propria immaginazione ed invenzione
artistica in verità vivente, inseguendo la mobilità propria della natura reale,
tanto quella materiale che quella umana e quest’ultima non solo nella sua
fisicità dinamica, ma spingendosi fin dentro
la psicologia ed i sentimenti, tratti sempre sfuggiti alle capacità
scultoree. Per Scipione Borghese Bernini esegue il David tra il ’23 e il ’24. David è un tema caro anche al pontefice
Urbano VIII, già trattato come eroismo di ideale cristiano, diveniva ora, con
maggiore vigore universalistico, ispirazione della sua opera pastorale. Per
Scipione il David poteva
rappresentare lo sdegno contro la momentanea sfortuna conosciuta sotto il
papato Ludovisi, e la romanzesca rivalsa personale contro i propri nemici di nuovo
indeboliti. Per Bernini, che riproduce in David
le proprie fattezze, la rappresentazione eroica del proprio atto artistico
significa un passo ancora più estremo contro l’identificazione con
Michelangelo, suo modello artistico.
Nel 1621 muore Paolo V e diviene
papa Gregorio XV Ludovisi; Bernini ne esegue il ritratto e viene compensato con
la croce di “Cavaliere di Cristo”. Nello stesso anno è eletto Principe
dell’Accademia di San Luca ed inizia l’esecuzione del Ratto di Proserpina ,esposta qui nella Galleria Borghese. Ma opere pittoriche di sicuro
interesse e di non inferiore valore sono quelle del Caravaggio, qui
rappresentate, di una poesia e di un incanto non indifferenti . Si inizia con
il Ragazzo con canestro di frutta del
1593-1594, olio su tela. La tela , confluita nella collezione del cardinale
Scipione Borghese, è considerata opera giovanile di Caravaggio.In questo
dipinto compaiono in nuce alcuni tratti peculiari dello stile dell’artista in
seguito sviluppati nel corso della produzione successiva: la sorgente di luce
proviene da sinistra, da una fonte fuori campo, e illumina il lato destro del
giovane, in modo che le zone contrastanti di luce e d’ombra conferiscono al
soggetto un particolare effetto di verità, la visione reale di un giovane che
vende frutta nei mercati rionali. La cesta di frutta è la prima natura morta
dipinta da Caravaggio ; le labbra socchiuse e un appeal decisamente sensuale,
la sua ombra si proietta sul fondo di una parete vuota e la scena è tutta
risolta in primo piano.
Forse per la prima volta siamo di
fronte a quella dialettica all’uso della luce cui Caravaggio rimane legato
tutta la vita: non è più quella “universale” priva di una direzione precisa, al
contrario, la fronte di luce solare proviene da una sorgente ben precisa
attraverso il contrasto con le zone d’ombra mette in risalto gli oggetti
rendendoli quasi tangibili. C’è poi S.
Girolamo del 1605-1606, olio su
tela, dove il Santo compare negli inventari Borghese fin dal 1693. È stato
ipotizzato che Caravaggio ne avesse fatto dono al cardinale . Il dipinto viene
attribuito all’ultimo periodo romano. Il Santo con sembianze di un uomo in età
avanzata, con l’aureola rappresentato mentre lavora alla traduzione in latino
della Bibbia: mentre con la mano sinistra tiene davanti a se il testo sacro,
impugna la penna pronta a scrivere. Lo scrittoio reca gli elementi e il
disordine tipici dello studioso: sul libro aperto è poggiato un teschio.
L’altra lettura critica mette l’accento sul manto purpureo che avvolge il santo
come una veste cardinalizia: questo particolare è stato interpretato in
funzione antiluterana, poiché San Girolamo aveva definito S. Pietro il primo
vescovo di Roma.
Qui era aperto ed evidente il
conflitto con il Luteranesimo, attribuendo al solo Gesù il ruolo salvifico,
l’azione si svolge sotto lo sguardo di S. Anna che, un po’ distaccata, osserva
meditabonda e sorpresa. Si prosegue con Davide
e la testa di Golia del 1609, olio su tela. Questo dipinto , dalle forte
implicazioni personali, fu eseguito da Caravaggio per il Cardinale Scipione
Borghese, forse come appello per ottenere il perdono per la revoca della
condanna a morte seguita all’uccisione di Ranuccio Tomassoni. Il Davide viene datato dalla maggior parte
dei critici al secondo soggiorno napoletano. Il Davide con la testa mozzata corrisponde a un modello
iconografico più comune nell’ambito lombardo che in quello romano; il
gesto del braccio alzato che tiene sospesa la testa di Golia potrebbe essere
ispirato da statue classiche. Le lettere maiuscole visibili lungo lo sguscio
della spada sono state interpretate come MACO, acrostico di Michaeli Angeli Caravaggio Opus.
Il David- Cristo invece volge uno sguardo compassionevole verso colui che si
dichiara peccatore: se davvero il dipinto era destinato al pontefice, non è
fuori luogo pensare che contenesse un’invocazione al perdono.
Si va terminando con il S. Giovanni Battista, del 1609-1610,
olio su tela. Questa è una delle opere
che Caravaggio portò con sé durante il
viaggio via mare che doveva riportarlo finalmente a Roma. Allo sbarco a Palo,
Michelangelo Merrisi fu fermato per accertamenti e la nave ripartì con i suoi dipinti a bordo.
Egli la inseguì inutilmente, trovando la
morte a Porto Ercole. I quadri rientrarono a Napoli, dove scoppiò una
disputa sulla loro proprietà. Scipione
Borghese riuscì ad assicurarsi il San
Giovanni Battista. La tela è datata al secondo periodo napoletano. Il San
Giovanni volge allo spettatore lo
sguardo malinconico, mollemente adagiato sul drappo scarlatto , mentre l’ariete
è visto di spalle. Per quanto riguarda l’interpretazione Calvesi sottolinea il
significato dell’ariete che sostituisce l’agnello come simbolo della croce,
mentre le foglie di vite indicherebbero la vita eterna. Secondo una diversa
lettura l’ariete si nutre della vite, simbolo del sacrificio di Cristo. Queste sono certamente le opere più
caratteristiche della galleria Borghese e il Bernini, con le sue tre sculture
più belle ed il Caravaggio con le sue pitture più incisive, si avvicendano per
le sale da veri e propri protagonisti, rispetto a tanti altri artisti di queste
epoche e di altre che si susseguono nella sfarzosa ed affascinante Galleria
romana.
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