di Claudia Pellegrini
ARTE, CAPPELLA CORNARO - Perché
aspettare l’inizio di una mostra per gustarsi un’opera d’arte? In molti casi
basta fare un semplice giro in una città d’arte, come Roma ad esempio, per
avere davanti agli occhi uno spettacolo unico nel suo genere, e soprattutto
alla portata di tutti. Spesso, come in questo caso, entrare in una chiesa che
dall’esterno ci può apparire quasi anonima, riserva numerose sorprese
La chiesa in questione è Santa Maria della Vittoria, sita in via XX Settembre, classico
esempio di architettura barocca, edificata tra il 1608 e il 1620 per volere dei
padri Carmelitani Scalzi, ad opera del celebre Maderno. L’interno è organizzato in un’unica navata con tre
cappelle per lato e due più grandi che simulano il transetto. Al di là della
presenza dei bellissimi dipinti che raffigurano storie della vita di San
Francesco, eseguiti dal Domenichino,
il gruppo scultoreo di Domenico Guidi,
“Il sogno di San Giuseppe”, la pala
d’altare di Nicolas Lorrain, “Gesù appare al santo”, e “La Santissima Trinità” sull’altare del
Guercino, ciò che da maggior
prestigio alla chiesa, e che soprattutto la caratterizza rendendola unica, si
trova in fondo a sinistra, ed è la cappella Cornaro.
Ideata
da Bernini tra il 1644 e il 1651,
venne commissionata dal cardinale veneziano Federico Corner (Cornaro), da poco trasferitosi a Roma, come chiaro
esempio del prestigio della sua famiglia. Fu il cardinale stesso a suggerire al
maestro il tema da seguire; il luogo doveva essere dedicato a Santa Teresa d’Avila, la fondatrice
dell’ordine dei Carmelitani, e, come sopra accennato, l’intento non era solo
quello di edificare un luogo di sepoltura e di preghiera, ma, conforme all’usanza barocca,
di celebrazione della potenza dei Cornaro. Questo fu fondamentale per il
Bernini che ideò la cappella come se fosse un piccolo teatro, un palcoscenico
dove lo spettacolo dell’Estasi di Santa
Teresa ha degli spettatori d’eccezione, che non sono solo i visitatori
della Chiesa, ma anche gli stessi membri della famiglia Cornaro affacciati a due finti palchi, simili in tutto e per tutto
a quelli di un teatro.
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Lo
spettatore che giunge ignaro nella cappella si trova davanti ad una scena che
si svolge sospesa nell’aria, illuminata da una luce quasi magica che sembra divina: si trova
dunque davanti ad un vero e proprio miracolo. E poi l’immagine della santa
rapisce e stupisce per la sensualità con cui viene rappresentata, fedele agli
scritti che la stessa aveva lasciato a testimonianza delle sue estasi. Le vesti
scomposte, il capo reclinato all’indietro, la bocca dischiusa, quasi in preda
ad uno svenimento, mentre sta per essere trafitta dalla freccia di un angelo in
vesti classiche; sono le emozioni ad
essere descritte più che i fatti in se.Per
la singolarità della resa l’opera è stata spesso oggetto di polemiche. Accusata
di eccessiva ambivalenza tra misticismo e sensualità, non è stata considerata
in relazione a tutta la cappella. È infatti evidente che risulta far parte di
quello spettacolo che non comprende solo l’estasi della santa, ma anche tutta
l’architettura che le fa da cornice, i marmi, la luce, nonché gli spettatori
che vi assistono.Si
può dire che con la Cappella Cornaro il
Bernini inaugura il periodo più
creativo della sua vita, è il momento in cui riesce a unificare tutte le arti,
che devono essere fuse insieme per creare un effetto di scenografia completa,
di spettacolo unico, teatrale, uno spettacolo in cui chi guarda si perde tra i
colori dei marmi e delle pitture, la plasticità e sensualità realistica dei
gruppi marmorei e la luminosità della luce, ma in un
attimo riprende coscienza di se e di ciò che guarda abbandonandosi ad un muto
applauso di stupore.

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