di Claudia Pellegrini

L’esposizione sipromette di raccontare al pubblico l’origine e la fortuna, ma soprattutto ilsignificato di un’opera che da sempre è stata oggetto di controversie edinterpretazioni contrastanti, ma anche di capire quale fascino abbiano ilPrincipe ed il suo autore dopo ben 500 anni di storia, ed eventualmente tentaredi dislocarlo da quella sintesi troppo spicciola che vuole Machiavelli, la suaopera ed il suo pensiero legati alla frase “Il fine giustifica i mezzi”,elegante giustificazione dell’amoralità politica. In realtà il grande letteratovuole, con il suo scritto, invitare chi legge a meditare sulla storia, poiché glierrori, ma anche i successi del passato, mostrano chiaramente la via da seguire,ed in nome del più alto principio dello stato, è possibile anche perdere divista alcuni principi etici; egli esorta i governanti del tempo a riconquistarela perduta sovranità e lottare affinché lo straniero sia cacciato dall’Italia.

Tornando allamostra, è possibile visionare i primi codici manoscritti e le prime stampe delPrincipe, molti documenti inediti, tra cui spicca il Verbale, ossia il documento con il quale la Congregazionedell’Indice condannava alla censura le opere di Machiavelli nel 1559, opered’arte, tra cui il Girolamo Savonarola dal Museo Civico di Como, ricostruzionied oggettistica del tempo. Di particolare prestigio è anche la sala cheraccoglie le innumerevoli traduzioni dell’opera, e le vetrine che espongono lenote a margine scritte da molti protagonisti della storia occidentale, a chiaroesempio di come il filosofo rinascimentale abbia sempre affascinato gli uominidi potere e gli intellettuali, tra i quali ricordiamo Cavour, Gramsci,Mussolini, Bettino Craxi, nonché Silvio Berlusconi.
Il percorso sichiude con “usi e abusi” fatti nel corso dei secoli nel nome del Principe:banconote, giochi di strategia, fumetti, videogiochi e tessere telefoniche.
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