ARTE,WUNDERKAMMER PARADISO SEGRETO DEL COLLEZIONISTA - Sicuramente non tutti conoscono il
termine Wunderkammer. Letteralmente
significa “camera delle meraviglie”, e viene usato per
indicare un particolare genere di collezione, affermatosi nel corso del XVI secolo, di tipo non specialistico,
cioè che riunisce nello stesso luogo oggetti anche molto diversi tra loro. Al
collezionista interessava infatti tutto ciò che era raro e curioso, le
cosiddette mirabilia, sia che si
trattasse di prodotti della natura (naturalia),
sia oggetti costruiti dall’uomo (artificialia),
l’importante è che fossero oggetti straordinari.

Gli oggetti, affiancati uno accanto
all’altro secondo criteri di catalogazione alquanto bizzarri per il nostro
tempo, esprimevano il desiderio tipicamente umanista della conoscenza
enciclopedica del mondo. Le collezioni erano infatti anche viste come occasioni
di studio e di sperimentazione, non a caso, contenevano svariati strumenti di
osservazione, nonché complicatissimi attrezzi meccanici. Ovviamente però, dato
il costo ingente di tali reperti, possedere una Wunderkammer degna del suo
nome, era appannaggio esclusivo di re e nobili, o comunque di ricchi
intellettuali, ma anche di conventi e monasteri. Non era infrequente infatti
che nelle abbazie si ospitassero non solo libri rari, ma anche piccole
Wunderkammer che contenevano preferibilmente oggetti legati allo studio ed alla
scienza, soprattutto in virtù del fatto che questi luoghi spesso ricevevano
donazioni, eredità ed ex voto per grazia ricevuta, tanto che a volte i monaci,
nel XVIII secolo, ne consentivano la fruizione al pubblico, quasi si trattasse
di un museo.
Questo interesse per lo strano ed il
meraviglioso non era un fenomeno nuovo, già nel Medioevo tra i tesori delle
chiese, erano presenti rarità ed oggetti curiosi; ma solo a partire dal
Rinascimento si cominciano a sviluppare collezioni particolari.
Il momento che unisce le due epoche è
rappresentato degnamente da Jean de
Berry nel castello di Mehun-sur-Yèvre. In questo posto
troviamo affiancati gli oggetti più disparati: pietre preziose e perle, pezzi
rari di oreficeria, reperti di vario genere come muschi, ambre, contravveleni,
orologi meccanici; c’è anche un piccolo gabinetto di storia naturale, con tanto
di uova di struzzo, denti di balena, mascelle di serpente.

Raccolte di questo genere, accomunate dal
gusto per il curioso ed il particolare, si diffusero in ogni paese europeo. Un
altro esempio può essere quella dei duchi
di Baviera, costruita da Rodolfo II
nel castello di Hradschin a Praga e,
per non dimenticare l’Italia, quella più tarda del milanese Manfredo Settala che, prendendo spunto
dalle grandi collezioni nordiche, comprendeva lavori in ambra, corallo,
strumenti meccanici e curiosità naturali.

Soffermiamoci meglio su quest’ultimo;
eseguito dopo il 1570 da una serie di artisti, tra cui Vasari, Borghini, Santi di Tito, i quali si adoperarono
per decorare di splendide pitture lo studiolo di Francesco I, umbratile
letterato, interessato all’alchimia, collezionista di gioie, medaglie, pietre
intagliate, vasi e cristalli lavorati. Le decorazioni eseguite alludevano al
lavoro delle manifatture granducali fondate dallo stesso Francesco, che amava
partecipare direttamente alla realizzazione degli oggetti e alla
sperimentazione delle nuove tecniche di lavorazione.
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