Leggendo
un libro ambientato nel periodo del Rinascimento fiorentino (Il Patto dei
Penitenti Grigi – Augustín B. Palatchi), mi sono imbattuta nella consuetudine
dell’epoca di commissionare agli artisti quadri che raffiguravano le nozze di
personaggi illustri, un’usanza che possiamo considerare come l’antenata delle
foto e dei video odierni.
Queste
opere, oltre ad avere un intento di buon augurio, nascondevano significati
simbolici, religiosi e non, che invitavano i destinatari a seguire la via della
virtù secondo l’insegnamento della comune morale e della fede cristiana.
Il
dipinto più famoso di questa categoria è probabilmente il Ritratto dei coniugi Arnolfini
di Jan Van Eyck, conservato alla
National Gallery di Londra, che riproduce i due sposi nella cornice intima
della camera nuziale. I soggetti sono Giovanni Arnolfini, un ricco mercante di
stoffe originario di Lucca che si era stabilito per affari a Bruges, e sua
moglie Giovanna Cenami.
Ovviamente
l’ambientazione scelta dall’artista, e molti tra i particolari inseriti nel
ritratto, nascondono un significato simbolico che all’epoca non era di
difficile interpretazione. Ciò che salta subito all’occhio è l’ambientazione,
la camera da letto, con il particolare del talamo sullo sfondo, a simboleggiare
ovviamente la sacra unione benedetta con il sacramento del matrimonio. La sposa
è ritratta con una mano posata sul ventre, che non sta ad indicare una
gravidanza in corso, come si potrebbe erroneamente pensare (soprattutto perché
le pieghe del vestito formano un rigonfiamento), ma bensì una sorta di promessa
di fertilità.
Lo
specchio che si vede appeso sopra il letto è lo speculum sine macula, un chiaro simbolo mariano, che rappresenta la
verginità di Maria, quindi quella della sposa. In primo piano si vede un
cagnolino, inteso in questo caso come impegno di fedeltà tra i due coniugi. Sul
davanzale della finestra ci sono delle arance; nei paesi nordici questi frutti
hanno lo stesso significato simbolico della mela, dunque del Peccato Originale,
ed in questo frangente sono inseriti come monito per gli sposi a fuggire i
comportamenti peccaminosi.
Ci
sono anche degli zoccoli nell’angolo a sinistra, indicano che i promessi sposi
sono scalzi poiché si accingono a percorrere un territorio sacro, quello del
matrimonio. Si può anche notare che il lampadario a sei bracci ha una sola
candela accesa a simboleggiare il matrimonio stesso. Inoltre su di un mobile si
nota che è appesa una verga, questo oggetto si può riferire sia alla verginità
(Virgo – virga), ma anche alla tradizione più popolare e pagana di simbolo
fallico, dunque di fertilità, questa volta dello sposo.
Vicino
allo specchio è appeso un rosario, un regalo piuttosto comune per l’epoca che
lo sposo faceva a sua moglie; in questo frangente suggerisce la virtù della
donna, il suo obbligo di essere fedele. È particolare anche la testiera del
letto, sulla quale è intagliata una figura femminile con ai piedi un dragone;
probabilmente si tratta di una rappresentazione di Santa Margherita, patrona
delle partorienti, il cui simbolo è
appunto il drago.
Ritornando
allo specchio, è interessante l’iscrizione che si nota sopra di esso, e che
recita “Johannes De Eyck fuit hic 1432”
(Jan Van Eyck fu qui 1432); questa iscrizione non è semplicemente la firma
dell’autore, ma una vera e propria testimonianza della promessa di matrimonio
dei due, che all’epoca poteva avere validità legale. Inoltre va ricordato che
lo specchio, riflettendo tutta la scena, mostra, oltre ai due personaggi
principali del dipinto, gli sposi Arnolfini, anche due figure sconosciute che,
con molta probabilità, hanno la funzione di testimoni. La curiosità sta nel
fatto che uno dei due potrebbe essere lo stesso Van Eyck, testimone due volte.
A questo punto la domanda è lecita: sarà anche stato invitato al banchetto?
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