mercoledì 24 aprile 2013

Arte, Guido Reni VS Cardinal Giovanni Battista Pamphilj

di Claudia Pellegrini

ARTE, GUIDO RENI CARDINAL GIOVANNI BATTISTA PAMPHILJ - Come è noto Guido Reni, insieme ad altri artisti del calibro di Bernini o Borromini, fu uno dei maggiori rappresentanti dell’arte del XVII secolo. Era originario di Bologna e, come tanti altri, era giunto a Roma per completare il suo percorso di formazione artistica, attratto dalle possibilità lavorative che offriva la città dei papi, all’epoca capitale dell’arte.
Viene ricordato non solo per le sue qualità pittoriche, ma anche per il carattere stravagante. Di lui, infatti, sappiamo che era un uomo attraente, piuttosto ricco, aveva l’abitudine di vestirsi sempre in modo elegante, ma soffriva di manie persecutorie, in particolar modo viveva nel terrore di essere avvelenato, per questo motivo era solito frequentare maghi e stregoni.
Nel periodo in cui Reni era attivo a Roma, due famiglie si contendevano il potere, i Barberini ed i Pamphilj, e le relazioni tra di loro, per ovvie ragioni, era tutt’altro che amichevoli. Il Cardinal Antonio Barberini, fratello dell’allora papa Urbano VIII, appartenente all’ordine dei Cappuccini, finanziò la costruzione di una chiesa, Santa Maria della Concezione, e, per una delle cappelle, commissionò a Guido Reni di dipingere un quadro che raffigurasse l’Arcangelo Michele.
A questo punto è opportuno precisare che questa chiesa, al di là dello splendido dipinto di Reni, viene soprattutto ricordata per il vecchio cimitero sito al di sotto dell’edificio, una cripta fatta da uno stretto corridoio che collega diverse cappelle. Le pareti e la volta delle suddette cappelle sono ricoperte da ricche decorazioni. Ma come sono fatte queste decorazioni? Stucchi? Marmi? Niente di tutto questo, semplicemente vennero utilizzati teschi, femori, denti, tutti appartenuti agli scheletri dei defunti frati cappuccini. Decisamente un bel risparmio di materiali costosi, ma piuttosto macabro e sconsigliato agli impressionabili. Per il tempo una decorazione del genere non era inusuale; per gli appartenenti all’ordine era addirittura un onore contribuire a queste “simpatiche” composizioni con i propri resti. Indubbiamente è una tappa imperdibile per gli amanti dell’orrido, che troveranno di loro gradimento anche gli scheletri interi vestiti con i saio dei Cappuccini, nonché il motto del cimitero: “ noi eravamo quello che voi siete, e quello che noi siamo voi sarete”.
Ma torniamo a Guido Reni. Secondo una leggenda, che a quanto pare contiene più di un briciolo di verità, al nostro artista era giunta voce che il Cardinal Giovanni Battista Pamphilj, rappresentante della famiglia omonima, dunque anche rivale del committente del quadro, avesse offeso la sua reputazione con una serie di diffamazioni, di cui purtroppo non se ne conoscono i particolari. Reni, permaloso com’era, decise di approfittare dell’Arcangelo Michele per vendicarsi del torto subito, compiacendo anche il Cardinal Antonio Barberini.
Dai ritratti che abbiamo di Giovanni Battista Pamphilj, possiamo notare che aveva un volto lungo ed affilato, era stempiato, con la barba rada ed aveva uno sguardo piuttosto malvagio ed inquietante. A Guido Reni queste sembianze sembrarono più che perfette per raffigurare Satana. Infatti nel dipinto i soggetti sono due, l’Arcangelo Michele che schiaccia con un piede la faccia di Satana, ovvero la faccia del Pamphilj.
Antonio Barberini di certo deve essere stato soddisfatto di vedere il viso del rivale schiacciato da un piede angelico, ma il Pamphilj, come c’era da aspettarsi, prese il tutto come un oltraggio. Guido Reni, fedele alla sua stravaganza, aggirò la questione dicendo che Satana gli era apparso in una visione, e se disgraziatamente il buon Cardinale era così sfortunato da somigliargli, che colpa poteva mai averne un povero pittore?
Davanti ad un’affermazione del genere Giovanni Battista Pamphilj dovette rassegnarsi, suo malgrado, ad apparire sotto le sembianze di Satana. La faccenda divenne ancora più imbarazzante quando qualche anno dopo, precisamente nel 1644, il novello Satana fu eletto papa col nome di Innocenzo X. E la vendetta continua ancora, dato che, nonostante il passare dei secoli, il quadro è ancora al suo posto. Morale della favola: mai inimicarsi un pittore!

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